L'altra sera sono andato a cinema a veder Urlo, film dedicato all'omonimo poema di Allen Ginsberg (Howl nella versione originale) pubblicato nel 1956. Il film è un colpo allo stomaco, ai nervi e agli occhi del telespettatore che viene catapultato nella mente ipertrofica dell'autore, attraverso una sua intervista, foto originali dell'epoca e infine nel processo per oltraggio istruito nel 1957. Ne esce il ritratto di un'America dai due volti: da un lato una società, rappresentata dall'avvocato dell'accusa, ancora troppo bigotta e puritana che teme di perdere la verginità lentamente riconquistata dopo la fine della seconda guerra mondiale. Dall'altra si intravedono i primi accenni di un'avanguardia culturale che sancirà definitivamente l'egemonia culturale statunitense nel jazz, nella letteratura, nei costumi, individuando i fermenti che porteranno ai movimenti pacifisti di dieci anni dopo. Ma soprattutto ci restituisce una società che, all'indomani dell'assoluzione dell'editore (Ferlinghetti per intenderci mica uno qualsiasi) dall'accusa appunto di oscenità, si scopre già paladina della sacralità della libertà d'espressione. E' stato bello vedere questo film proprio alla vigilia del temuto rogo del Corano da parte di un certo sig. Jones (reverendo è un termine sprecato per un imbecille del genere che non merita nessun tipo di riverenza), per il quale, comunque, nessuno si è sognato alcun tipo di censura riaffermando, anche nei casi estremi come quello dello stupido Jones, l'importanza della libertà di esprimere il proprio pensiero ancorchè profondamente demente. In realtà il motivo per cui il film mi si è piantato nella testa, però, è tutt'altro. Mi ha portato alla memoria un mio caro amico dell'adolescenza e della prima maturità che in un pomeriggio afoso di agosto presentò un libro di poesie. Ricordo che aveva partecipato ad un concorso di poesia il cui premio era la pubblicazione di qualche centinaio di copie dell'opera da parte di un editore salernitano. Lui colse la palla al balzo e organizzò una presentazione di questo bel librettino in un circolo del mio paese che, allora, passava per un'esperienza avanguardista tipicamente cittadina e che forse era troppo avanti per un piccolo centro lucano immerso nelle montagne. Tanto avanti nel tempo era che, anche in seguito a proteste più o meno velate da parte della popolazione ma soprattutto a causa della mancanza di iscritti e quindi di denari, finì per chiudere pochi anni dopo. Ricordo che il giorno dopo quella presentazione partimmo per la mia casa a mare per una tre-giorni a base di solo alcool, per lo più consumato sul balcone di quell'abitazione e smaltito in lunghe e interminate scorribande per la cittadina calabrese. E' inutile girarci intorno. Ho conosciuto Ginsberg e la beat generation grazie a lui. Ha scritto in seguito anche altri libri e continua a dilettarsi di poesia.
tremendieventi
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