tremendieventi

venerdì 28 maggio 2010

La prova del pirla-cuoco



Un giorno acquistai un libro scritto da uno dei più famosi chef al mondo. Parlava del suo lavoro, del suo rapporto con gli ingredienti e coi colleghi, di come far funzionare la cucina di un ristorante come una catena di montaggio o un esercito, di come un cuoco, soprattutto se lavora negli Stati Uniti, non può fare a meno di avere conoscenze di economia e finanza e capacità manageriali per trattare coi fornitori e con i collaboratori in cucina. La descrizione della sua giornata tipo mi lasciò senza parole e senza speranza. Assumeva quasi otto aspirine al giorno, beveva una quantità tipicamente americana di drink e di caffè, non riusciva a curare una fastidiosissima e decennale emicrania e, soprattutto agli inizi della sua carriera usava il coltello, l'unico strumento che usa uno chef professionista oltre alle mani e al cervello, quello che si porta sempre attaccato alla cintura dei pantaloni, non solo per affettare, ma spesso anche per scoraggiare cattive intenzioni di colleghi, capi e fornitori coi pagamenti in sospeso. E' ancora oggi uno dei libri più belli che abbia mai letto perchè coniuga un'immensa capacità esplicativa, tipica dei manuali di scuola statunitense, ad un'ottima abiliità rappresentativa utilizzata per descrivere le diverse esperienze capitate in decenni di carriera a diverse latitudini della terra. La cosa che più mi impressionò di quel libro era il monito che rivolgeva a quei borghesi amanti del buon cibo e del buon vino che, ad un certo punto della loro vita, dopo aver raggiunto buoni traguardi nelle loro professioni, sul finire della carriera, decidono che sì, sarebbe davvero una bella idea mettere su un ristorante o comunque un posto dove dare da mangiare alla gente. Sconsigliava vivamente questa gente di mettersi dall'altro lato del banco, al di là delle porte a soffietto della cucina, con i pantaloni sale e pepe e una bella scoppola bianca in testa. Aveva ragione. Non poteva essere diversamente, sennò non sarebbe stato uno dei più grandi cuochi viventi. Perchè si deve pensare che per fare l'avvocato, l'antennista, il coiffeur, l'estetista, il chirurgo ad un certo livello servano anni di studio e di esperienza e invece per gestire un bar, una tavola calda, un ristorante si possa inziare in poche settimane? Perchè non si vuole accettare la normale gavetta che è tipica di tutte le professioni e non si ha l'umiltà di capire che servire la gente non è una cosa da tutti e far da mangiare è difficilissimo e andrebbero premiati ogni giorno quelli che riescono a farli a prezzi ragionevoli? Se capissimo queste poche cose eviteremmo di far vivere alla gente quello che ho vissuto io oggi. Un bancone pieno di gente che si pesta i piedi e non riesce a servirti in tempi ragionevoli, un quarto d'ora per pagare perchè la cassiera litigava con una collega a causa di uno scontrino emesso erroneamente, un prezzo esagerato per una tavola calda, una semi doccia dovuta a coperture esterne insufficienti e una cameriera col fiato sul collo che ha aspettato impazientemente l'ultima forchettata del mio risotto per scipparmi a tempi di record il vassoio da sotto le mani. In questi casi sarebbe meglio esporre la P di principiante (o pirla) all'ingresso, come si fa con i neo-patentati.


giovedì 27 maggio 2010

Ghostbusters?



Cosa sono davvero i poteri forti? Come mai ogni tanto sbucano tra una dichiarazione e un'altra. "I poteri forti vogliono farmi saltare" e poi resti in carica per 16 anni; "I poteri forti vogliono far uscire l'Italia dall'Euro" e poi siamo tutti a invocare un aiuto per la Grecia che, dopo colpevoli tentennamenti, comunque arriva; "I poteri forti vogliono fare fuori la Lega" e poi con una percentuale nazionale inferiore al 10% condizionano l'azione di Governo negli ultimi anni e esprimono due Ministri della Repubblica (uno dei quali è  agli Interni), due presidenti di Regioni tra le più ricche del Paese e un'infinità di sindaci in giro per l'Italia del Nord; "per la chiesa i poteri forti sono gli omosessuali" e poi cardinali e alti prelati fanno affari con la cricca creando vere e proprie holding immobiliari e gli omosessuali nella mia città vengono picchiati brutalmente per strada se si scambiano un bacio. Insomma in poche parole sono anni, praticamente da quando sono nato, che assisto puntualmente, ciclicamente, incessantemente al richiamo dei poteri forti. E chi li richiama è ancora lì, col sedere ben piantato sulla sedia al comando del potere (quello vero) e 'sti benedetti poteri forti sono ancora a tramare inutilmente. Se poi ci si fa caso davvero, si scopre che chi invoca questi poteri è davvero forte e forse per incapacità o mancanza di volontà non è in grado di portare a conclusione una strategia che sia una, di realizzare un progetto annunciato o scritto in un programma di governo. E allora non gli resta altro che fare ricorso all'arma della confusione. Tanto questi poteri sono occulti, tramano nell'ombra, vivono di sotterfugi e si incontrano nei posti più impensabili, quindi nessuno li conosce, nessuno sa che faccia abbiano, quali vestiti indossino, quali sono le loro letture e quindi i loro fini politici, economici, istituzionali. C'è qualcosa di più forte di un potere che, nonostante la sua incapacità a prendere qualsiasi decisione, dura da così tanto tempo senza che nessuno l'abbia ancora messo di fronte alle proprie responsabilità? C'è qualcosa di più occulto di un potere che richiede sacrifici enormi per i cittadini che amministra e continua poi a coltivare l'orticello dei propri privilegi? Forse a molti conviene farci inseguire fantasmi che come tali non esistono, così che mentre noi ci distraiamo essi  possano continuare beatamente a fare i propri comodi.


mercoledì 26 maggio 2010

E non si dica che non avevano previsto tutto



Alla fine non potevano farne a meno. Per due anni ci hanno coccolato dicendoci che noi eravamo i più bravi, che il nostro sistema bancario era il più virtuoso del mondo, che il nostro debito privato era nettamente inferiore a quello degli altri paesi sviluppati, che i nostri conti erano in ordine, anzi, per usare un'espressione tanto cara ai nostri governanti erano "in sicurezza", che dovevamo essere ottimisti...Insomma dopo due anni di chiacchiere e balle, finalmente ci siamo accorti della crisi. Per riportarli alla realtà non sono bastate le immagini degli operai sul tetto, di quelli che si sono rinchiusi in un'isola dove una volta c'era un super carcere, di quelli che manifestano quasi ogni giorno davanti a palazzo Chigi, degli imprenditori del Veneto che si sono dati fuoco pur di non dichiarare fallimento, della povera Mariarca Terracciano che si è fatta prelevare il sangue perché da diversi mesi non le pagavano lo stipendio. Non sono bastate a svegliare questo Governo dal suo torpore autoreferenziale. Ci sono volute le immagini degli scontri sociali della vicina Grecia, con incendi e purtroppo morti nelle strade della protesta, la riluttanza della Germania a deliberare aiuti per scongiurare il fallimento dello stato ellenico, il Consiglio Europeo che ha imposto sacrifici a tutti i paesi che ancora navigano con un debito gigantesco, la speculazione finanziaria che, cogliendo il momento di debolezza politica dell'Europa, ha posto sotto attacco la moneta unica riportandola ai livelli del 2004 nel cambio contro il dollaro, la quasi sicurezza che se non si fosse intervenuto, il rischio Spagna, Grecia, Irlanda...il rischio - Italia per capirci non sarebbe stato solo più un buon argomento giornalistico, ma ci avrebbe messo di fronte alla più grande depressione dal secondo dopoguerra. C'è voluto tutto questo ma alla fine forse ce l'hanno fatta a capire che non servono a niente i bei proclami e gli inviti all'ottimismo quando le casse sono vuote e il destino del tuo Paese non dipende più solo dalle tue mosse. Ci hanno provato fino alla fine a dire che no, non tutto è perduto, ancora è possibile un rilancio, la situazione internazionale potrebbe modificarsi, la crisi è alle nostre spalle. Balle. Mi sia perdonata la rima. Ieri sera il consiglio dei Ministri ha approvato il documento che di fatto dà vita alla finanziaria di correzione 2010 e 2011. Trentasei miliardi totali. Dodici strutturali e dodici rispettivamente quest'anno e poi quello successivo. I contorni sono ancora tutti da definire ma si parla di pesanti tagli agli enti locali, qualche sforbiciata alle spese dello Stato, il blocco del rinnovo dei contratti nella Pubblica Amministrazione e la lotta all'evasione fiscale. E in questo caso la misura ha dell'incredibile. Dopo che per due anni tutti gli esponenti della maggioranza sono andati in giro a condannare quanto stabilito dal precedente Governo che, al fine di avere un quadro più esaustivo delle transazioni finanziarie e quindi iniziare a scongiurare una massiccia evasione fiscale, aveva imposto la tracciabilità dei pagamenti superiori a 5 mila euro, adesso tutti riscoprono che si erano sbagliati e che quella misura non è vessatoria, non è un ostacolo alla libera circolazione della merce, non è una misura da Stato di polizia, ma una giusta ed equa misura di lotta all'evasione fiscale. Peccato che tanto non se ne ricordi nessuno e che anche stavolta saranno bravi a ricordarci che loro lo avevano detto da sempre e che la solita sinistra disfattista ancora una volta rema contro e non è disposta ai sacrifici. Anche stavolta ci diranno che non si tratta di tagli e sacrifici, ma di misure per incentivare lo sviluppo economico e intraprendere un percorso virtuoso di crescita. Speriamo solo che la gente continui ad avere fiducia in loro, perché saranno momenti davvero difficili.


giovedì 20 maggio 2010

Dueperdiciassette



Se cerchi 34 su Google ti escono nell'ordine:prefisso telefonico per la spagna; numero da cercare su wikipedia; ristorante a due passi da piazza di Spagna a Roma; i 34 turchi B&B di Napoli; il numero di una delibera dell'Ag.Com relativa all'accesso alla banda larga; l'articolo della Costituzione, la versione in inglese della voce in questione su Wikipedia e una gran bella figliola che ha compiuto 34 anni e che si chiama Michelle Monaghan ed è un'attrice americana. L'articolo della Costituzione è pure uno di quelli importanti, belli, guai a cancellarli o modificarli. Parla infatti della scuola che deve essere aperta a tutti. E poi i capaci e i meritevoli, anche se senza soldi, hanno diritto a raggiungere i gradi più alti di studio attraverso borse di studio, assegni alle famiglie e "altre provvidenze", termine splendido che sancisce ancora una volta la sacralità del dettato costituzionale. Soffermandoti poi su Wikipedia, scopri che è un numero difettivo, nono della successione di Fibonacci,sesto di Markov ed è anche un sempi-primo, nella smorfia simboleggia la testa e poi una curiosità: la regola 34 di Internet. " Se esiste X allora in Internet esiste pornografia basata su X e se ancora non esiste la stanno creando". Mi stupisce che ci siano delle regole di Internet e che la 34 sia così criptica e allora approfondisco la ricerca. Mi si apre un modo fatto di slang di derivazione soprattutto americano ma scopro che non esistono delle verie e proprie regole codificate, c'è solo la 34 e riguarda tutti i pornomani della rete! Se vai sull'edizione in Inglese di wikipedia, scopri che è anche il titolo di una canzone della Dave Mattews Band, il numero che aveva sulla maglietta Shaq O'Neal quando giocava nei Los Angeles Lakers e il numero da prigioniero di Edmont Dantes, protagonista del Conte di Montecristo. "Me ne ricorderò come i bambini egoisti si ricordano dei genitori quando ne hanno bisogno. Quando avrò bisogno di voi, e forse questo momento verrà, verrò da voi, conte."


mercoledì 19 maggio 2010

Ombrelli e tinelli



C'era da continuare la storia interrotta venerdì scorso. E sì perchè, oltre agli addebiti penali e alle cattive condotte, in questi ultimi tempi c'è la sensazione che la gente non ce la faccia più a sopportare di essere presa in giro da politici, palazzinari, morti di fama che la sera prima vanno in TV a spiegarci i perchè e i percome della crisi che sta investendo l'intera Europa e il giorno dopo sono sorpresi mentre si leccano le dita sporche della marmellata (o meglio della gelatina) nella quale si sono invischiati. Non passa giorno che i giornali non ci restituiscano immagini di un declino etico di tutti coloro che devono amministrare i soldi dei cittadini. Il problema più grave è che la gente sente queste vicende come ancora più gravi perchè toccano la quotidianità di ognuno di noi: la casa, la ditta di ristrutturazioni, il mutuo che si concede in un batter d'occhio, il centro massaggi che diventa un'alcova, la gente che sorride sotto le calde lenzuola mentre pensa ai soldi che verranno dalla ristrutturazione di un territorio appena colpito da un terremoto. Il tutto, non va dimenticato, è peggiorato dagli effetti che la crisi fa sentire in maniera sempre maggiore nella vita di tutti. L'elenco dei disagi e dei segnali negativi sarebbe così lungo che è meglio non farlo. Forse è più opportuno concentrarsi sul fatto che ormai quasi venti anni fa un'intera classe politica fu cacciata via proprio perché aveva abusato oltremodo della pazienza ma soprattutto del danaro dei cittadini. E proprio in quei tragici mesi il nostro paese attraversava una delle crisi più profonde dalla fine della seconda guerra mondiale, essendo peraltro sotto attacco della speculazione internazionale e dovendo intervenire in maniera massiccia per evitare il default dei conti pubblici. Forse però c'è qualcosa di diverso nelle vicende odierne rispetto a quelle del novantadue e non è solo il fatto che allora la corruzione serviva a finanziare i partiti mentre oggi si rubacchia un pezzo di pane in ordine sparso e ognuno nel proprio interesse. Forse la vera differenza è che, mentre allora, anche sotto l'impulso degli eventi tumultuosi che avevano spinto varie popolazioni dell'Europa Orientale a ribellarsi alle dittature di influenza sovietica, esisteva nella popolazione italiana un moto di indignazione che aveva una caratterizzazione anche ideologica, morale appunto. Oggi invece la mia impressione è che la gente più che provare disgusto per quanto accade, sia morsa dall'nvidia per non potersi accomodare alla grande tavola imbandita. Ci spiace restare lì, nel tinello, a sperare di rosicchiare le poche briciole raccolte nella pattumiera una volta finito il grande banchetto.


venerdì 14 maggio 2010

Pioggia d'Aprile, anche se siamo a Maggio



C'è una brutta aria nel mio Paese in questi ultimi tempi. O forse era brutta fino a ieri e una bella scrollatina andrebbe salutata come il maestrale in una giornata afosa d'estate. Fatto sta che sembra che stiano ritornando prepotentemente alla ribalta vecchi fantasmi che forse solo qualche ingenuo troppo ottimista pensava fossero stati sepolti per sempre sotto il peso delle inchieste dei primi anni Novanta dell'altro secolo. E sì, perchè sono ormai due-tre settimane che non si parla d'altro che di un'inchiesta che fa tremare i palazzi del potere e che sembra restituirci un'immagine particolare del Primo Ministro. Ma è meglio procedere con ordine. Qualche mese fa viene alla luce lo scandalo relativo alla faciloneria con la quale vengono concessi incarichi ed appalti da centinaia di milioni di euro senza una procedura concorsuale o una gara d'appalto, ma per chiamata diretta. C'era un lavoro da fare, magari lo si sapeva da anni e nonostante tutto non si mettevano a punto le pratiche relative all'assegnazione. Alla fine, nell'imminenza dell'evento, i lavori diventavano urgenti e quindi si assegnavano in deroga alla legislazione sui lavori pubblici. Terremoto, G8, festeggiamenti per l'Unità d'Italia, celebrazioni di anniversari di santi e madonne in giro per l'Italia, venivano tutti inseriti nel filone "grandi eventi" e subito derubricati come interventi straordinari o urgenti, in modo da derogare agli obblighi di legge in materia di assegnazione dei lavori. L'inchiesta è subito una pagina sbiadita da vecchio regime in decadenza fatto di costruttori che spuntano dal nunna e decuplicano il loro fatturato in pochi anni, funzionari dello stato che prendono soldi, prostitute, personale di servizio, case al mare o in montagna in cambio di accelerazioni delle pratiche, costi dei lavori che raddoppiano e giudici che insabbiano inchieste e informano gli indagati degli spostamenti dei loro stessi colleghi della procura. Adesso la situazione sembra peggiorare notevolmente, dopo il coinvolgimento del ministro alle attività produttive e del suo collega responsabile delle infrastrutture, ma soprattutto dopo il ritrovamento di una lista in cui si elencano favori, ristrutturazione e altre pratiche che sarebbero state realizzate dal famoso imprenditore edile (quello che ha decuplicato il fatturato) a favore di boiardi di Stato a tutti i livelli. In tutto ciò, la cosa più sorprendente, bella, inattesa, forse foriera di altre sorprese e speriamo non ci sia niente dietro, è che il Primo Ministro, da sempre scettico (che bravo che sono) verso le inchieste della magistratura, stavolta sembra lasciare in pace gli inquirenti e prendersela con gli indagati, molti dei quali appartengono al suo partito e al governo che presiede. Stavolta mi sta piacendo proprio. Ma questa storia deve continuare, perchè ormai sembra che il cerchio si stia stringendo proprio intorno alla rete di piaceri, piccoli favori, privilegi e corruttele che caratterizzano tanti, troppi politici e funzionari dello Stato. Non sarà che le vicende della nostra dirimpettaia Grecia stanno aumentando la paura di tutti?


lunedì 10 maggio 2010

Prima comunione



Non so ancora perchè mi hanno invitato. Fa un caldo mostruoso, 'sta specie di gazebo aumenta l'umidità e l'effetto serra e mi sbatte sulla spalliera della sedia costringendomi a non stare appoggiato allo schienale. Non so nemmeno perché sono venuto. Avrei potuto dire di no, tanto alla fine che ve ne frega. I miei 500 euro alla bambina glieli avevo dati e voi avreste fatto volentieri a meno di questo rompiscatole che non riesce a camminare, ha la dentiera che gli irrita le gengive perciò non la mette e emette strani suoni mentre mangia. Si vede dalle facce che avete, per non parlare dei vestiti che nemmeno nel peggiore carnevale. E poi tutti a ridere, tutti a mostrare i vostri denti neri, a mangiare con la bocca aperta e nessuno che rivolge nemmeno uno sguardo a questo, secondo voi, squallido e patetico rincoglionito, recluso dalle sue gambe malferme ad un'estremità del tavolo. Cominciano gli antipasti: tutti provano a fingere indifferenza. In realtà hanno una fame che se li divora, e soprattutto, viste le panze che c'hanno, non sembra una novità. Eppure trenta anni fa non era così. Io e la nonna della bambina che oggi festeggia la prima comunione ce ne andavamo in giro per il mondo appena ne avevamo la possibilità. Ho sempre lavorato fuori dal mio paese, muratore in Germania, trasportatore in Belgio, idraulico in Olanda. Ho sempre mandato un sacco di soldi a mia moglie e quando arrivava Agosto non volevo vedere nessuno, non mi andava di ritornare a questo orribile paesello dei castelli romani. Francia, Inghilterra, Stati Uniti, Kenia, Giappone. Io e Esmeralda, che nome, che donna, non ce ne siamo stati mica con le mani in mano. Del resto, nonostante tutte le balle e gli stereotipi sulla nostalgia degli emigranti, non mi sono mai sentito di appartenere a questa orribile terra, che ha tutti i difetti delle grandi città e pure della provincia. Poi sette anni fa a sessantacinque anni me ne sono andato in pensione e la bella Esmeralda è morta poche settimane dopo. E da allora è cominciato il mio inferno. E' come se il tempo, anzichè scorrere a poco a poco, mi avesse presentato il conto tutto in una volta. E' come se mi fossi addormentato quarantenne e svegliato settantenne. Mia figlia voleva che andassi a vivere con lei. Mai. Fortunatamente ho ancora un bel po' di soldi e sono piuttosto loro a dipendere da me e non viceversa. Dovrei continuare per il resto dei miei giorni a sentirmi come adesso: un peso, un errore, un male necessario. Mia figlia e mia nipote continuano a parlare tra loro ad alta voce, a mangiare con la bocca aperta a bere emettendo gorgoglii insopportabili, mentre mi hanno quasi isolato dall'altro lato del tavolo, dove aspetto in silenzio che la loro macabra festa finisca. Spero solo che la bella Esmeralda non debba aspettarmi troppo.


venerdì 7 maggio 2010

Ve lo meritate Alberto Sordi



I miei concittadini mi piacciono tanto. Mi fanno morire perché sono prevedibili. Non fai in tempo a fare un'azione che la loro reazione non si farà attendere nei tempi e nei modi in cui l'hai prevista. A volte mi sembrano soldatini istruiti a ripetere all'infinito un ritornello imparato a memoria in scuole di indottrinamento tipiche di un regime. L'ultimo episodio in questo senso l'ho vissuto personalmente ieri, all'indomani della sconfitta della seconda squadra della capitale contro i nerazzurri di Milano. A margine di quella sfida c'è stato il brutto episodio dell'uomo simbolo della squadra nata nel 1927 che, stizzito da comportamenti picareschi, scatti mozzafiato, qualche parola di troppo da parte di più giovani e freschi avversari e dal risultato ormai compromesso a pochi secondi dalla fine, ha inseguito un giocatore dell'altra squadra per circa trenta metri e, dopo non esserci riuscito per ben due volte, anche a causa della maggiore velocità e scatto dell'avversario, lo ha finalmente raggiunto e gli ha sferrato un calcione di quelli che ormai nemmeno nei campi di periferia frequentati dagli under quindici si vedono più. La sera stessa e poi il giorno dopo, bene o male, c'era un po' di gioia da parte di chi, come me, è stufo di vedere i tifosi di quella squadra che scorrazzano per la città e per due-tre giorni si sentono i padroni del mondo, aumentando esponenzialmente il loro tasso di arroganza e maleducazione. La gioia si manifestava nel tentativo di stigmatizzare il brutto episodio e nel mettere in evidenza che tutto sommato la sconfitta era meritata, non foss'altro perché la squadra del presidente Moratti è in finale di Champions League. Apriti cielo.I "machestaiadì" si sprecavano, era tutto un carosello di "madechestamoaparlà", nella convinzione che in fondo erano stati defraudati e che se il loro idolo aveva reagito in quel modo era perché era stato provocato, aveva preso gragnole di calci e tutta una serie di luoghi comuni che avrò ascoltato centinaia e centinaia di volte nei contesti più disparati. Forse i miei concittadini sono figli dei più scontati luoghi comuni, cosa che non li aiuterà mai all'autocritica e quindi a un, seppur piccolo, miglioramento.


giovedì 6 maggio 2010

Pessime nuove alle soglie dei nostri giardini



Appena sceso dall'aereo ebbi l'impressione di trovarmi a milioni di chilometri di distanza dal mondo dal quale provenivo. Non era snobismo, era che forse l'aria troppo grigia delle nostre città a volte ci fa dimenticare chi siamo e chi erano i nostri nonni. Ma fu solo un attimo. Era in realtà solo un'isola di quel bellissimo paese, culla della civiltà, eppure io la percepii come l'essenza di quello Stato. Di quell'insieme di rudezza e calore che è tipico degli uomini che sono nati sulle sponde del grande lago che bagna l'Europa, l'Africa e il Medio Oriente. Ci sono dei tratti che accomunano gli uomini di Smirne e Alcamo, Marsiglia e Bengasi e in quel luogo sembravano rivelarsi tutti in un colpo solo, appena uscito dalle porte scorrevoli del piccolissimo scalo aereo. L'autista del taxi ci fece salire in sette su un'automobile, stipò tutti i bagagli alla buona nel cofano della macchina che rimase spalancato, ci disse di fidarci ciecamente di lui che per appena 10€ ci avrebbe portati al nostro albergo. Tassametro zero, ci mancherebbe. Forse non ho mai visto un tassametro in sette giorni passati in quell'isola a farmi accompagnare da una sponda all'altra da taxi di tutti i tipi, guidati da soggetti improbabili, ma sempre amichevoli e dipsonibili. La gente lì è nata per il turismo, che è comunque la seconda industria del Paese, dopo quella navale. Mi è capitato di conoscere gente che proviene da quei luoghi in diverse occasioni: al lavoro, all'università, nei viaggi e non mi hanno mai deluso. Hanno lo sguardo austero che rivela una certa diffidenza, ma appena comprendono che anche tu bagni i tuoi piedi nella stessa conca di mare, ti arrostisci allo stesso sole, hai le stesse rughe segnate dalla stessa salsedine, non esitano ad offrirti la loro disponibilità e a metterti a disposizione insieme quel poco o tanto che hanno in tasca. Mi stupì subito il grande contrasto tra la ricerca sfrenata della modernità e un rispetto quasi sacro per le tradizioni. Il mescolarsi a distanza di pochi metri delle cattedrali della vita notturna, a base di distillati inglesi o americani, contrapposti alle candele lunghe e sottili delle chiese bizantine, le icone austere, che comunque restituiscono il volto umano della religione. In quei sette giorni ho avuto spesso l'impressione che il tempo si fosse fermato alla seconda guerra mondiale, quando i cappelli neri dei papàs ortodossi svettavano in mezzo agli elmetti dei soldati italiani che in molte di quelle terre scoprirono il controcanto delle cruente battaglie che pochi mesi dopo si sarebbero consumate tra le steppe russe. Tornerei volentieri in quei luoghi o in qualche altra delle centinaia di isole che fanno quel Paese. Proprio oggi ci tornerei, mentre monta la furia sociale per un tracollo economico che menti poco lungimiranti ma molto egoiste hanno prima contribuito a generare e poi scelto di non fermare.


martedì 4 maggio 2010

Cielociao



Mi fa quasi tenerezza perchè mi sembra un bambino. Ogni tanto lo beccano con le mani nella marmellata e lui continua ad avere la stessa faccia da ragazzino un po' cretino, di quelli che credono di saperla più lunga degli altri perchè in realtà degli altri non riescono a cogliere la scaltrezza. Eppure non si parla di uno sprovveduto, o almeno non dovrebbe esserlo. Si parla di un signore che, nell'arco di oltre trenta anni, ha attraversato la politica italiana, prima come erede di una famiglia molto potente di democristiani liguri, poi come coordinatore del più grande partito italiano e poi ben quattro volte come ministro. La prima volta lo beccarono per una frase dal sen fuggita, oggi perché, sai com'è, tiene famiglia e per acquistare un appartamento alla figlia avrebbe ricevuto novecentomila euro in nero da un imprenditore che si occupa di grandi eventi e restauri per conto del governo del quale il nostro faceva parte fino a pochi attimi fa. E dire che le scelte politiche di questo corpulento omaccione dell'ancien régime non sono mai state un granchè. Il nostro era ministro durante il G8 del 2001 a Genova, città scelta proprio per gratificare la sua figura di responsabile dell'Interno. E proprio in quell'occasione non si distinse nè per lungimiranza politica nè per capacità organizzativa: la magistratura ancora oggi indaga sull'operato di funzionari di polizia di altissimo livello. Ma in generale la gestione dell'evento fu dilettantistica, e nonostante tutto, rimase al suo posto. Fu costretto alle dimissioni l'anno successivo per un'irripetibile frase su un servitore dello Stato ammazzato dalle B.R. Non pago ci riprova in seguito prima con incarichi all'attuazione del programma (classico esempio di cadreghificio stile seconda Repubblica) e poi ai rapporti col Parlamento. Nel 2008, infine, il Primo Ministro gli affida la delega alle Attività Produttive. In questa veste assiste da spettatore puro alle varie crisi aziendali che si susseguono dal settembre 2008 fino ad oggi non prendendo assolutamente uno, che fosse uno, provvedimento degno di nota. Si ricordano forse solo le voci circa l'esistenza di sette-otto (ma sì abbondiamo, facciamo dieci-quindici) progetti e altrettanti fantomatici magnati-benefattori-imprenditori pronti a investire cifre stratosferiche per la riconversione del polo automobilistico di Termini Imerese all'indomani dell'annuncio della cessazione nel 2011 della produzione in quello stabilimento da parte della Fiat. Negli ultimi mesi si era speso con tutte le sue forze per il ritorno dell'Italia nella produzione dell'energia nucleare. Al solito, aveva annunciato a favore di telecamere il ritorno dell'Italia fra le grandi del pianeta, la fine della dipendenza energetica, l'inizio di un'era di benessere diffuso per la Penisola, salvo poi, causa imminenti elezioni, mantenere segreta la lista dei siti per le costruende centrali, già concordata con l'Enel. Oggi probabilmente per lui si aprono le porte di un importante incarico di partito, per il Governo l'avventura sembra, almeno per il momento, sospesa. Non lo rimpiangerò.


lunedì 3 maggio 2010

Aggiornamento alle 17.11 del 03 maggio 2010

Pare che siamo ritornati nella realtà
Speriamo bene

Senza rete



Oggi, 30 Aprile 2010, ho toccato il fondo della possibilità interconnettivà (orrenda espressione, davvero): sono completamente senza rete. Fortunatamente non sono un trapezista altrimenti me la vedrei davvero grigia, in ogni caso non è difficile convivere in assenza di questo prezioso strumento. Questo blog non è nato sotto una buona stella dal punto di vista della connettività. Sin dal primo post, infatti, Internet ha continuato a fare i capricci e andava e veniva e riandava e riveniva...oggi però mi pare che si sta toccando il fondo. Non era mai successo prima d'ora. Ormai sono quattro ore che non si muove assolutamente niente. Sono arrivato in ufficio che erano da poco passate le 8.30 adesso sono quasi le 13 e finora questa ha tutta l'aria di una giornata che sarà ricordata come la prima senza Internet. Eppure siamo nel 2010, la connettività è una conquista dell'umanita che ormai, almeno in quella fetta di globo terracqueo che si è soliti definire "primo mondo" (da cosa derivi o cosa implichi questo primato, poi, è tutto da analizzare e verificare), sembra acquisita e soprattutto sembra determinare abitudini, gusti e persino rapporti personali. Certo che, ormai, a prescindere da considerazioni più o meno scontate o banali, è davvero dura vivere senza Internet, soprattutto quando non puoi farne assolutamente a meno. Ormai, almeno lavorativamente,  tutto avviene lì sopra e non averlo equivale a non esserci, a non poter fare assolutamente niente. L'unica cosa che ti resta è attaccarti al telefono e, dopo interminabili menù dove ti chiedono un milione di volte il tuo riferimento telefonico, la tua zona geografica e una serie di informazioni per identificarti e quindi schedarti meglio, sperare che qualcuno dall'altro capo della cornetta ti risponda e ti accenda la classica luce in fondo al tunne dell'abisso digital divided. Ma oggi io non mi sono fatto mancare niente, ho fatto anche quello. In realtà ho una pratica aperta col mio gestore di servizi Internet dal primo giorno in cui sono andato on-line con questo blog, e stamattina ho ribadito all'operatore che non si riusciva a fare niente e che noi siamo un'azienda e quindi un po' della rete ne avremmo pure bisogno. Nei giorni scorsi mi aveva detto che avrebbero provveduto a dare un'occhiata da remoto: ovvero senza scomodarsi, stando semplicemente seduto nel suo ufficio ad osservare sui terminali (termine che mi ha fatto sempre impazzire per quanto è brutto e vecchio) l'evolversi della situazione. Oggi invece ha cambiato registro: ha detto che avrebbe mandato un tecnico a verificare. Sono passate tre ore abbondanti e 'sto benedetto tecnico non si vede. Confido in interventi divini nel week end, dopo tutto è vero che domani è la festa dei lavoratori, ma dopodomani è pur sempre il giorno del Signore.