tremendieventi

giovedì 30 dicembre 2010

Caro Gesù bambino



Non sono mai riuscito a leggere la letterina di Natale. Chissa quante altre persone possono davvero capire ciò di cui parlo. Non so se in quegli anni capitava anche ad altri, ma a me succedeva più o meno così. Intorno ai primi di dicembre, a scuola, la maestra ci diceva di scrivere una letterina a Gesù bambino per Natale. Era una sorta di sintesi tra riti cattolici e usanza pagane. A quei tempi si considerava anti-educativo scrivere direttamente a Babbo Natale, figuriamoci poi per chiedere i regali. Anche perchè quest'ultimo non fa parte delle tradizioni natalizie delle mie parti, basti pensare che a me i regali li ha sempre portati la befana. Dicevo la maestra ci faceva scrivere una sorta di bilancio dell'anno che volgeva al termine e una serie di buoni propositi per l'anno successivo, il tutto condito da una serie di infinite melensaggini sull'amore per i genitori e sulla speranza della fine imminente di una qualsiasi guerra nel mondo. Ricordo che queste letterine avevano delle forme artistiche molto particolari. Ad esempio un anno erano di un cartoncino verde a forma di albero di natale, con delle palline che risultavano dall'applicazione della colla a forma rotonda sulla quale venivano sparse delle paillettes con un effetto ottico davvero notevole. Sull'altro lato del cartoncino si scriveva la letterina che poi andava letta il giorno di Natale. Il primo anno delle elementari ci pensavano le maestre a scriverla e noi dovevamo imparare quelle poche righe a memoria. Ancora oggi, mentre me ne ricordo cominciano a sudarmi le mani e sono preso da un'irrefrenabile voglia di scappare in bagno. Allora succedeva che il giorno di Natale ci si metteva tutti seduti a tavola, dopo una lunga ed estenuante messa in cui il prete, per assolvere al suo dovere, non chiudeva mai la predica prima dei quaranta minuti. Poco prima di iniziare il pasto veniva il turno della lettura delle letterine e lì cominciava il mio incubo. Ero come inebetito dall'emozione, il cuore mi batteva molto forte, la salivazione era azzerata e in più tutta l'acqua contenuta nel mio corpo cominciava a sgorgarmi dalle mani con un effetto mostruoso: la lettera si stropicciava e alcune parole diventavano illeggibili. Mi ricordo che mi facevano salire sulla sedia onde decantare meglio la mia composizione, ma, inevitabilmente, appena giunto alla quarta o quinta parola scoppiavo in lacrime. O meglio, la commozione mi stringeva la gola, tentavo disperatamente e invano di non farne accorgere i presenti, ma alla fine ero costretto a smettere. E lì partivano due cose che nella loro unicità sono rimaste immutate in quegli anni: da un lato gli sfottò dei miei fratelli per i quali non c'era nessun problema a leggere la loro letterina e che mi precedevano sempre in quell'orribile siparietto e poi la consolazione di mia madre, di mia zia e di mia nonna che continuavano a chiedermi, lo hanno fatto per circa cinque sei anni e sempre con lo stesso tono, perchè mi commuovevo. Puntualmente per me era rovinato il pranzo di Natale. Ricordo la secchezza delle lacrime che si asciugavano appena si posavano sul mio viso troppo accalorato e il loro sapore amaro in bocca, la mia corsa in bagno ad asciugarmi il viso e gli strascichi di quegli orribili attimi che ancora oggi a volte mi ritornano alla mente.


martedì 21 dicembre 2010

Grazie Maurizio



Alla fine una delle cose che più ricorderemo di questi assurdi anni è proprio la parabola politico-mediatica del senatore, ex parlamentare, ex ministro delle telecomunicazioni ex qualcos'altro Maurizio Gasparri. Non c'è trasmissione, non c'è comico di destra o di sinistra, disegnatore, vignettista, editorialista di qualsiasi testata che non lo consideri almeno un po' inadeguato al ruolo, di qualsiasi ruolo si tratti. E pure lui se ne sta lì con quell'espressione un po' basita, il sorriso appena accennato sul viso, lo sguardo perso e la faccia di chi sta per dirti: "vi piacerebbe che io me ne andassi, eh? E invece sono ancora qui!". E sì, perchè nonostante tutto lui è ancora qui. Spesso anche nei dibattiti, i suoi interlocutori fanno fatica a stargli dietro e a prenderlo sul serio, mentre i conduttori se lo consentono, sapendo il sicuro appeal che genera sulle masse, sempre alla ricerca di un po' di svago dopo una intensa giornata di lavoro. Ex MSI, ex An, romano e romanista, dice di aver iniziato la sua carriera politica nelle file della destra perchè ai tempi in cui andava a scuola erano tutti di sinistra, mentre a lui piaceva stare fuori dal coro. In realtà quest'ultima abitudine non l'ha mai persa. E' così fuori dal coro che spesso anche suoi colleghi di partito non riescono a comprendere il senso e la tempistica di certe uscite quantomeno temerarie. Anche grazie al principale telegiornale italiano, è diventato ormai un esternatore professionista. Parla in qualsiasi giorno della settimana, "domenica e festivi compresi" (come prometteva negli anni Ottanta il testimonial di un famoso mobilificio brianzolo sponsor delle prime televisioni commerciali), dice la sua su qualsiasi argomento, dalla televisione, a proposito la legge sul riordino del sistema radiotelevisivo porta il suo nome, alle alleanze politiche, dalle elezioni anticipate all'ordine pubblico. In questo modo è corteggiatissimo dai cronisti politici che sanno che con una dichiarazione possono fare un titolo d'aperutra e almeno mezza pagina di quotidiano o quattro-cinque minuti di telegiornale. Ad esempio l'altro giorno tutti erano già pronti ad archiviare una giornata noiosa sul piano mediatico: c'era l'Italia bloccata dal maltempo e dallo scaricabarile sulle responsabilità dei disagi causati dalla neve, la solita montagna di rifiuti a Napoli, gli scialbi tenativi di acquistare questo o quell'altro parlamentare a prezzi ormai da liquidazione. All'ora di pranzo questo estemporaneo personaggio infiamma le agenzie: per evitare nuovi scontri di piazza dopo il martedì nero della settimana scorsa sarebbe opportuno procedere ad arresti preventivi all'interno dei gruppi antagonisti, tanto le forze dell'ordine sanno bene chi sono questi potenziali guerriglieri. Driiiiiiiin, sveglia, c'è da fare il titolo, c'è da raccogliere le dichiarazioni di Di Pietro, del capo della polizia, da sottolineare l'indignazione di Bersani, e poi la smentita di Maroni e le precisazioni di Cicchitto. Immagino il sospiro di sollievo dei direttori nelle redazioni di quotidiani e telegiornali. Pericolo scampato, anche oggi siamo riusciti a chiudere il giornale. Grazie Maurizio.


mercoledì 15 dicembre 2010

Forecast



E meno male che non ho mai provato a scommettere nemmeno un centesimo su qualsiasi cosa dalle corse dei cavalli alle lotterie di stato. A quest'ora forse avrei perso tutto e mendicherei la generosità dei passanti agli angoli di una strada. Davvero la capacità di vaticinare gli eventi futuri non è una mia caratteristica e di questo prima o poi dovrò farmene una ragione. E pure ce la metto tutta, immagino scenari, valuto gli elementi di partenza, provo a tenere conto dei fattori e delle variabili in campo e di come esse potrebbero comportarsi in futuro, ma niente, non è cosa mia. Dovrò imparare a convivere con la mia incapacità di indovinare il futuro e soprattutto non dovrò fare affidamento sulle mie doti nel caso in cui gli scenari previsti possano determinare una perdita per me o per chiunque stia al mio fianco. Ricordo che già nella metà degli anni Novanta avevo sconsigliato a mio padre di acquistare una casa a Roma. Meno male che non volle starmi a sentire. La casa venne acquistata ad un prezzo irrisorio e nel giro di pochi anni raddoppiò il suo valore. Oggi vale quasi tre volte e mezzo il prezzo pagato allora. Mi ricordo che erano i tempi in cui tutti puntavano sulla borsa, preparandosi alla grande bolla delle dot.com che scoppiò all'inizio del Duemila e anche io consigliai ai miei genitori di restare liquidi, al più provare un investimento in azioni, ma mai nell'immobile. Mio padre capì sin da allora che non avevo alcun fiuto per gli affari, ma non me lo ha mai fatto notare, non me ne ha mai parlato direttamente, ha sempre fatto finta di ascoltare attentamente le mie elaborate disanime e alla fine ha fatto, fortunatamente, l'esatto opposto di quanto gli avevo consigliato. In seguito decise di comprare addirittura un'altra casa pochi anni più tardi, anche se allora ebbi il buon senso di non consigliargli niente. Poche settimane fa avevo previsto l'immediata fine del governo in carica e persino del movimento culturale di cui è diretta incarnazione da quando, ormai quasi vent'anni fa, l'attuale primo ministro ha fatto il suo ingresso sulla scena politica. Ieri stesso in un altro post avevo previsto il voto contrario alla mozione di sfiducia da parte di Paolo Guzzanti. Beh mi sono sbagliato in tutti e due i casi. Il governo ieri ha avuto la maggioranza nei due rami del parlamento e in più il parlamentare citato nel post di ieri ha votato la sfiducia al governo, coerentemente a quanto affermato negli ultimi tempi. Il movimento politico del primo ministro sembra tutt'altro che in crisi e in ogni caso incassa la fiducia e guarda con maggiore ottimismo alle prossime sfide parlamentari. Certo, se poi si vanno a leggere i commenti dei vari esponenti politici è tutto un fiorire di distinguo, vittoria di pirro, sorpasso nei numeri ma sconfitta politica, governo Scilipoti (dal nome di un ex componente dell'opposizione, determinante per la vittoria risicata della maggioranza), campagna acquisti, prodizzazione dell'esecutivo, rilancio dell'azione di governo, allargamento alle forze resposabili e moderate...vabbè è inutile soffermarcisi troppo, è sempre la stessa storia della politica italiana e sono gli stessi commenti che si possono ascoltare in qualsiasi dibattito post-elettorale. E invece la questione è molto chiara:ieri c'è stata una forza di governo che ha vinto e l'opposizione che ha perso. E sarà bene partire da questo dato per immaginare qualsiasi scenario futuro. In più ho avuto di nuovo prova che le mie previsioni si rivelano totalmente errate sia che si tratti di affari personali, sia che riguardino la vita pubblica del mio Paese.


martedì 14 dicembre 2010

Mignotto



Non si può restare indifferenti di fronte allo spettacolo che ci offre il parlamento i queste ore. Ieri si è cominciato di buon mattino al senato verso le 9, un orario insolito per chi siede in parlamento, con il primo discorso del presidente del consiglio. L'ultima replica vi è stata quasi dodici ore più tardi nell'altro ramo del parlamento. In mezzo una giornata di quelle che non vorresti mai vivere o, come cantava la Vanoni, "in cui rivedo tutta la mia vita". E sì perchè anche ieri si è assistito al balletto della politica italiana, quasi sempre lo stesso dal 1947 in poi. Passeggiate sottobraccio tra i banchi e nei corridoi delle aule, parlamentari convocati per migliaia di caffè, finanziamenti improvvisi a fondazioni e giornali di partito, telefonate interminabili di colleghi che si informano sullo stato di salute tuo di tuo figlio e di tua moglie fino alla settima generazione, riunioni notturne di gruppi e commissioni, dibattiti in televisioni e alla fine si riescono persino a resuscitare i partiti. A me però è rimasta un'immagine forse minore, ma emblematica. Non è facile raccontare questa storia perchè i protagonisti sono assolutamente estranei a qualsiasi logica, ma ben inseriti in tutte le dinamiche di questi disgraziati anni. Allora accade che esiste un parlamentare con zazzera a barba rossa che per anni è stato un sodale dell'attuale Primo Ministro, nonchè penna affilatissima del giornale di proprietà del presidente-editore. Si è distinto soprattutto per quell'affetto alla dietrologia complottista che accomuna tanti uomini nati prima della seconda guerra mondiale che in cuor loro avrebbero voluto essere delle spie ma che alla fine sono solo degli idioti più o meno servi di questo o quell'altro padrone. Il nostro passa alle cronache soprattutto per la pallottola spuntata della Commissione Mitrokhin della quale è bello e giusto tacere gli esiti anche perchè basta citarla per creare ilarità in qualsiasi essere umano, ancorchè di parte, dotato di un minimo di intelligenza. Parallelamente, succede che ci sia un partito che annovera tra i suoi esponenti storici gente come Luigi Einaudi, Benedetto Croce, Enrico de Nicola e Giovanni Malagodi e questo già basterebbe a farne uno tra i migliori partiti italiani, anche se tra i meno votati dato che, a parte la parentesi degli anni Sessanta in cui sfiora diverse volte il 6-7%, non riesce queasi mai a superare la soglia del 4%. Succede poi che questo partito alla fine del 1992 viene anch'esso travolto dalle inchieste sulle tangenti e praticamente dal 1994 non esiste più. Allora a questo punto la domanda che ci si potrebbe porre è: quale nesso c'è tra un parlamentare che somiglia nell'aspetto fisico a Federico Barbarossa e un partito che ha espresso intellettuali di primo piano e un paio di Presidenti della Repubblica? All'apparenza nessuno. Ma in queste giornate senza tempo tutto può succedere. Ad esempio succede che il parlamentare in questione abbia costituito un gruppo autonomo col nome del partito di cui sopra e oggi, a tre ore dal voto di fiducia, non sa ancora che posizione prendere. Anzi ieri pomeriggio in un'accesa direzione nazionale proprio di quel partito, sia stata messa ai voti l'astensione dal voto di oggi. Il risultato, e non poteva essere altrimenti, è stato il frutto di un'estenuante mediazione tra il parlamentare e se stesso, visto che la direzione del partito aveva una sola sedia occupata. A commento di ciò si dice che qualche illuminato intellettuale per definire il sistema di governo in carica ha usato il termine di "mignottocrazia".


venerdì 10 dicembre 2010

Occupato



Ne avevo sentito parlare nei giorni scorsi ma toccarli con mano è un'altra cosa. Ricordo martedì scorso ad esempio. Ero sul Lungotevere e la città sembrava completamente bloccata. Ci avevo messo un'ora e mezza per fare un tratto che all'ora di punta può richiedere un quarto d'ora, quindi era evidente che c'era qualcosa che non andava. La sera accendo la TV e scopro che era stata una giornata di scontri non solo a Roma ma in gran parte d'Italia, dove venivano occupati i monumenti più rappresentativi. Intere parti della città intorno al Parlamento sono state completamente bloccate per evitare quanto verificatosi la settimana prima al senato. Allora gli studenti inferociti avevano lanciato uova contro la porta di Palazzo Madama e avevano anche tentato di sfondare il cordone di poliziotti che si popponevano al loro ingresso in un ramo del parlamento, convocato per approvare una legge sul riordino dell'università. Da allora la protesta era entrata anche nella mia vita, catapultandomi a una ventina di anni prima, quando anch'io ero studente. Ai miei tempi, però, i movimenti politici venivano visti con un certo scetticismo e perdipiù, vivendo in un piccolo paese, le eco degli scontri del tempo arrivavano a noi molto attutite e osservate con un certo distacco. Ieri sera invece la cronaca mi è apparsa davanti agli occhi. Stavo passeggiando per le strade del mio quartiere, verso le sette di sera. Era una serata calma, con un clima assolutamente inadatto per questa stagione, basti pensare che giorni prima ho visto persone con le magliettine di cotone a maniche corte. Ad un certo punto passo davanti ad una scuola. Vedo della gente davanti al portone, si tratta di quattro ragazzi giovanissimi che avranno avuto sì e no sedici anni. Li vedo parlottare tra loro, con un fare molto rilassato. Ad un certo punto entra nel cortile una utilitaria rossa, con altri giovani a bordo. Questi aprono il finestrino, parlottano coi ragazzi davanti al portone e ripartono. Mi chiedo cosa facciano tanti giovani a quest'ora di sera davanti alla scuola. Forse adesso si prolungano le attività extrascolastiche oltre l'orario di lezione, ci si riunisce per la palestra o per dei laboratori, boh non ne ho la più pallida idea. All'improvviso alzo gli occhi e leggo una scritta nera su un lenzuolo bianco "LICEO OCCUPATO". MI sembra una scritta bellissima. Il giusto ammonimento per chi, come me, quando pensa alle nuove generazioni, lo fa puntando un po' il ditino in alto e con la solita frase "eh però ai tempi miei...". E no,stavolta non funziona così, ai tempi miei un corno. Ai tempi miei si è scavato il più grande solco tra la politica e la gente da quando esiste la Repubblica e ancora oggi ne paghiamo gli effetti. Erano gli anni immediatamente successivi a tangentopoli e la gente, che fino al giorno prima era stata protagonista inconsapevole e correa delle malefatte di molti uomini politici, decideva a poco a poco di abdicare al proprio ruolo nella società, lasciando il campo a politici di professione con due metri di pelo sullo stomaco. Sono stati gli anni in cui si è deciso di delegare tutto il potere in mano a un solo uomo (non necessariamente sempre lo stesso) nella convinzione che i partiti avessero tradito la loro missione originaria e potessero essere guidati da comitati elettorali autoreferenziali. Il fallimento politico sotto i nostri occhi ci dimostra che si sono persi altri quindici anni, ma forse, nonostante tutto, anche grazie alla spinta festosa e incosciente di questi movimenti studenteschi, c'è ancora speranza. 


martedì 7 dicembre 2010

Athos



L'immagine che ho di lui è di una persona possente, con le braccia molto grosse e protettive e un fare da burbero che a volte, spesso, incuteva timore. Eppure era considerato da tutti una persona spassosa, simpatica, sempre pronta allo scherzo, in paese lo chiamavano quasi tutti zio. A volte cantava, ballava persino e come tutte le persone che hanno superato i sessantacinque anni era sempre pronto all'aneddoto che, in lui come in quasi tutte gli anziani, non ha mai un valore narrativo ma spesso è pura autocelebrazione. Sento ancora la sua voce mentre mi chiede se ho la ragazza e mi ammonisce di non farmi incastrare come era successo a lui, sposo ad appena diciannove anni e perdipiù di una donna più grande di lui. Me lo ricordo seduto vicino al camino dal quale uscivano dei ceppi che avrebbero riscaldato un esercito mentre arrotola senza pensarci troppo una sigaretta in delle cartine così piccole che nelle sue mani scomparivano, oppure mentre riempie la pipa che accende con dei fiammiferi bellissimi che vengono dal Belgio. Me lo ricordo fare dei grandi sospiri di soddisfazione mentre osserva la famiglia seduta intorno alla sua tavola. Si chiamava come un monte della Grecia e aveva lavorato in giro per il mondo. Mi ricordo pure quella tavola dove la roba era sempre il triplo di quella necessaria e il suo bicchiere che raccolgieva di tutto, coca cola aranciata gassosa vino e birra, a seconda del bibitone che aveva voglia di bere quel giorno. Mi ricordo che il pane a tavola non si contava a fette ma a forme. Mi tornano in mente anche i suoi pantaloni da lavoro blu elettrico che gli ho visto indossare infinite volte, oppure gli abiti per andare a caccia e i giubbini smanicati per portare le cartucce, le quaglie per allenare i cani stipate in gabbie in soffitta, l'odore molto forte di tutti i suoi cani che abbaiano mentre gli porta lda mangiare, il frigorifero pieno di cibo per i cani e tutta la sua casa che restituiva l'immagine di un cacciatore appassionato della vita all'aperto e dei suoi cani. Mi ricordo la forza che riusciva a comunicare quando perdeva le staffe in preda ad un accesso d'ira e mandava tutti quanti a quel paese, compresa la moglie che nonostante tutto non ha mai smesso di amarlo. Non ha smentito nemmeno per un attimo la fama di persona un po' forasta e non troppo abituata a trattar bene le persone. Certi suoi atteggiamenti, da sempre caratterizzati da alti e bassi persino coi parenti più prossimi, hanno pesato troppo nei rapporti con gli altri esseri umani. Negli ultimi tempi gli ho visto perdere peso, autorevolezza e capelli, ma mai quell'aria burbera e strafottente che ha caratterizzato la sua vita e che, insieme ai suoi infiniti racconti, è la cosa che mi mancherà di più.


mercoledì 1 dicembre 2010

Sala d'attesa



Mi hanno portato qui stamattina alle 9, adesso sono le 12 e non si vede l'ombra di un medico. Dicono che il dottore non è rrintracciabile. E pure mi hanno dimesso solo 15 giorni fa, che ci sono tornato a fare? Il medico mi disse di farmi vedere per un controllo di routine e oggi mio figlio, il più grande, mi ha portato in quest'ospedale. Ricordo una volta quando aveva undici anni. Mia moglie era andate a fare un viaggio a Lourdes con la sorella e la madre. Io avevo preferito restare a casa. Coi preti e le madonne non ci sono mai andato troppo d'accordo e poi avevo la scusa dei rgazzi, non ci potevamo allontanare tutti. Quel pomeriggio ricodo che c'era un sole intenso, quasi arancione, quando mi si avvicinò Nino tutto bianco in viso. Non riusciva a parlare e si contorceva dal dolore allo stomaco. Mi misi in macchina e feci una corsa all'ospedale che era a 30km da casa. Venni a sapere poi che aveva mangiato quasi due chili di prugne e s'era preso una bella indigestione. Ricordo che restai a vegliarlo tutta la notte. Ricordo l'adagiarsi delle ciglia sugli occhi mentre gli mettevano la flebo. NOn disse una parola, era troppo spaventato e sentiva di averla fatta grossa. Ricordo la bava alla bocca mentre la notte dormiva e io stavo lì a osservarlo e a pensare che pollo che era stato. Speravo che quella nottataccia gli servisse almeno per esperienza. Sono passati quasi cinquant'anni da allora e adesso sono io ad aver bisogno di lui. Non riesco proprio a muovermi da quando mi sono rotto il femore due anni fa. L'ospeoporosi poi spesso mi fa fratturare altri arti, così come è successo con il polso due settimane fa. Non è bello questo ospedale, anche se le persone che passano sono tutte allegre e sorridenti. C'è una suora che mi gira intorno da dieci minuti con la speranza che le chieda qualcosa, ma piuttosto ci crepo sopra questo divaneto, ma non le darò mai la soddisfazione di rendersi utile. Mio figlio è sparito da tre ore. Mi ha detto che doveva scappare al lavoro e qui il medico non si fa vedere. Devo andare in bagno, devo farmi aiutare, non ce la faccio da solo e non mi perdonerei mai di chiedere aiuto alla suora. Accanto a me è seduto un ragazzo. Avrà sui trent'anni e parla animatamente con la ragazza che deve fare una gastroscopia e per questo è molto nervosa e vuole essere consolata. Richiamo la sua attenzione e gli chiedo di avvicinarsi a me. Gli spiego che ho bisogno d'aiuto e la mia antipatia per la suora e d'improvviso gli si illuminano gli occhi: tombola! Anche lui cova un malcelato fastidio per questa specie di generose a comando. In meno che non si dica mi aiuta a tirarmi su e mi accompagna al bagno. Aspetta fuori dalla porta e mi riaccompagna al mio posto. Perfetto. Adesso posso stare qui tutta la giornata e, come se non bastasse, la suora, rossa per la rabbia, si è allontanata per l'onta dell'aiuto rifiutato. Grazie ragazzo, mi hai aiutato a sentirmi un po' meno dipendente dal pietismo di maniera di chi è costretto suo malgrado a fare del bene. Che il tuo dio ti benedica.