tremendieventi

martedì 30 novembre 2010

Preghiera in novembre




Quando attraverserà l'ultimo vecchio ponte
ai suicidi dirà, baciandoli alla fronte:
"Venite in Paradiso, là dove vado io
perché non c'è l'inferno nel mondo del buon Dio"
(F. De Andrè, Preghiera in gennaio)

Cinico, dissacrante, autoironico, elegante, compagno, completamente fuori dagli schemi. Un giorno sono andato persino a vedere se sul citofono del suo portone c'era il suo cognome. E come ti sbagli. Stampato lì come uno qualsiasi, quasi senza rendersi conto di essere un mito vivente. Dal vivo l'ho visto solo una volta quasi un anno fa durante una manifestazione del popolo viola. Venne accolto da un'autentica ovazione e a momenti stava quasi per commuoversi. Poi, bando alle ciance, cominciò a parlare, quasi a voler far scivolare via da sè gli sguardi di tutti. Ad un certo punto gli scappò un "compagni" che non c'entrava molto in quel contesto ma che non era proprio riuscito a trattenere. Mentre lo vedevo sul palco pensavo che, nonostante i novanta e passa anni, era uscito di casa e si era accodato a quel fiume di gente come uno qualsiasi. Lui che era una persona eccezionale. Alcuni suoi film sono per me degli autentici capolavori perchè contengono un ritratto appassionato degli italiani partendo dai loro difetti. Con quel suo descriverli come abietti, arrivisti, approfittatori, ignoranti che vogliono essere chiamati dottori, cafoni arricchiti pieni di boria, intellettuali con la puzza sotto il naso che scendono in mezzo al proletariato salvo poi fuggire a casa a disinfettare gli abiti ni chachemire. Non gli capitava spesso di parlare bene degli italiani e proprio in questo stava il suo amore smisurato per la gente e per i suoi aspetti meno presentabili. Non smetterò mai di ringraziarlo per le fantastiche risate che mi sono fatto coi suoi film, per la ricerca linguistica nel suo film che per me è il più bello di tutti, L'armata Brancaleone con, tra gli altri, Gassman e Gian Maria Volontè. Il modo di andarsene poi è davvero unico. Sembra quasi una "bischerata" degna di Amici miei. Penso che non gli sarebbero piaciute nè i discorsi retorici, nè i ricordi commossi, li avrebbe seppelliti con una risata o con una bella grattata apotropaica.


venerdì 26 novembre 2010

Inaccettabile


Brent Lynch, Evening Lounge



Nel post del 26 ottobre 2010 avevo detto che non sarebbe certo finita la sfilza di neologismi e nuove interpretazioni a parole già usate che gli ultimi anni ci stanno lasciando. Oggi parlo di un'espressione che sento dire sempre più spesso soprattutto dai politici e che col tempo ha completamente perso di significato: inaccettabile. Non so come siamo riusciti a farne a meno negli ultimi trent'anni visto che il concetto, nonostante facilmente comprensibile e reperibile nella lingua italiana, non è mai stato troppo utilizzato. Invece da qualche anno a questa parte sembra siano aumentati i filtri in entrata un po' di tutti e quindi una proposta, un giudizio dal sen fuggito, un disegno di legge, una nomina per un'autorità indipendente, un titolo di giornale, un tono, un clima...tutto diventa improvvisamente inaccettabile. L'effetto immediato di questa inflazione nell'abuso dell'espressione è la sua completa perduita di significato e spesso cose che sembrano all'inizio inaccettabili col tempo ci sembrano normali e cominciamo a chiederci come abbiamo fatto a farne a meno. Ma il fatto è che se prima la politica era per definizione l'arte del possibile dove schieramenti contrapposti erano spesso chiamati a decisione comuni, negli ultimini anni è tutto diventato troppo estremistico, almeno all'apparenza. Non si può riflettere, discutere, provare ad emendare, tutto ciò che arriva dall'altra parte politica è semplicemente inaccettabile. La conseguenza linguistica di questa contrapposizione non solo è nel termine che adesso si analizza, ma anche in altre due espressione tipiche di rivali contrapposti: "assolutamente" e "senza se e senza ma". La prima espressione è spesso usata con una negazione per chiudere ogni speranza all'avversario o in senso negativo per affermare con sempre maggiore forza il nostro punto di vista senza che minimanete ci sfiori il dubbio di essere in errore. I più temerari la usano addirittura da sola, dando così l'impressione di non avere un'idea precisa dell'argomento che si sta trattando ma semplicemente di avere una convinzione forte. Il gioco delle parti successivo servirà all'indeciso a comprendere meglio contro chi schierarsi (non ci si schiera mai "per", sempre "contro" qualcosa o qualcuno). Il "senza se e senza ma" invece nasce dalle esperienze del centro sinistra italiano che da anni prova a far convivere un'anima sinistroide e progressista senza spaventare troppo un centro moderato e liberale (in pratica il P.C.I da solo non è mai andato al governo, ci siamo riusciti solo con gli ex D.C. che erano rimasti senza partito e senza voti). Col tempo l'espressione è stata utilizzata per qualsiasi tipo di argometo e, come spesso accade per i termini più in voga, spesso, troppo spesso, a sproposito. Ma questo è un argomento strettamente connesso col "teatrino della politica"...ooops un'altro neoligismo di cui è meglio occuparsi in seguito.


martedì 23 novembre 2010

Bohemian rhapsody



Anticonformisti, creativi, dalla vita dissoluta, fuori da qualsiasi schema e catalogazione sociale. Passano alla storia con questo nome in Francia durante il XIX secolo e ancora oggi si associa il loro stile di vita a quello dei gitani, appunto bohemien. Ne ho visto uno un giorno mentre camminavo per le strade della mia città. Era in giro con la moglie e la figlia, altissimo, sigaretta ben piantata tra le labbra, tono della voce bassissima, quasi impercettibile. L'avevo visto in televisione per diversi anni, era un allenatore di calcio. Era stato protagonista di una specie di miracolo in una piccola città del sud Italia. Con il suo talento aveva portato un manipolo di uomini appena giunti al professionismo dalle nebbie della serie C fino alla serie A. Tanti di quelli avevano fatto la fortuna di squadre super blasonate e anche della nazionale. Quell'improvvisa popolarità lo aveva portato a dirigere prima la Lazio e poi la Roma. Poi un giorno mise in vetrina i mali del calcio delle farmacie e da allora il sistema al quale si era opposto ha fatto di tutto per cacciarlo via, riuscendoci. Non mi è mai piaciuto particolarmente come allenatore. Il suo mdod di vedere il calcio come spettacolo puro è molto affascinante, ma alla fine un po' avaro di risultati e se sei un tifoso delle sue squadre sai che prima o poi la delusione è dietro l'angolo ed è molto difficile vincere col suo modo di giocare. Mi ha sempre però affascinato il suo essere fuori dagli schemi, amante fino alla follia del calcio, grande maestro di calcio e con una passione infinita per il lavoro che fa. E' quasi impossibile sentire parlare male di lui da un giocatore che ha allenato. Tutti infatti gli conferiscono grandi doti umane e una capacità tecnica non comune. In spagna per un tipo così hanno un'espressione perfetta: hombre vertical. Nel calcio come nella società di oggi ci vorrebbero centinaia di uomini come lui, di quelli che ti insegnano a pensare con la tua testa e a metterti contro ai sistemi autoreferenziali precostituiti, nei quali le voci fuori dal coro sono una minaccia perchè evidenziano ciò che è sotto gli occhi di tutti ma che a nessuno conviene svelare. Oggi il boemo che incontrai un giorno a spasso allena ancora, di nuovo nella piccola città del Sud. Bentornato Zdenek.


lunedì 22 novembre 2010

Gli incubi e il sogno*



Mettiamo da parte e conserviamo questo numero de l'Unità. Ci sarà utile nella vecchiaia quando racconteremo ai nipoti questi giorni di follia e loro ci guarderanno con gli occhi a palla come noi da piccoli guardavamo i nonni quando ci raccontavano le storie delle streghe e dei fantasmi. Il trascorrere del tempo semplifica i fatti, li ischeletrisce, e dunque racconteremo la favola nera di un miliardario sessualmente incontinente che venne quasi annientato dalla passione per una ladruncola marocchina e misteriosamente trovò sostegno in un partito politico che aveva fatto fortuna proprio chiedendo l'arresto dei ladri e l'espulsione dei marocchini. Ed ebbe anche la solidarietà di un suo vecchio amico fedele, l'aveva nominato senatore, che aveva collaborato con un'organizzazione criminale potentissima, Cosa Nostra, con la quale lo stesso miliardario aveva avuto rapporti all'inizio della sua carriera. Poi aggiungeremo che la nipote di Benito Mussolini, sì quel dittatore caduto rovinosamente un secolo fa, litigò con un leader politico che un tempo era stato un acceso fan del nonno ed alleato del miliardario, e sfogò la sua ira contro una ex soubrette che, per volere del miliardario, era diventata ministro. E che la situazione divenne alquanto confusa quando l'ex soubrette annunciò che si sarebbe dimessa dal governo perché la nipote di Mussolini l'aveva sorpresa a chiacchierare con un altro ex fan del nonno che si chiamava Italo Bocchino. Ecco, a quel punto i nipotini smetteranno di ascoltarci, chiameranno il medico, e sarà allora che il numero de l'Unità ci sarà utile. «È tutto vero! È tutto vero!» potremo gridare sventolando questa copia ormai ingiallita. Poi, come accade ai vecchi quando i ricordi sono troppo dolorosi, scoppieremo in lacrime. E lasceremo cadere il giornale per terra.A quel punto il più curioso e perspicace tra i nostri nipotini lo raccoglierà, comincerà a sfogliarlo e tirerà un sospiro di sollievo: tutto vero, nonno non è uscito di testa. Ma poveretto, che schifo di giovinezza... O forse no? Il nipotino continua a sfogliare sempre più incuriosito. Il nonno è ancora vivo, e dunque quel paese di matti è tornato alla normalità entro l'arco della durata della vita umana. Forse nemmeno allora era tutto da buttare. Toh, c'era un partito che sosteneva delle cose sensate, le propagandava parlando con la gente ed eleggeva i suoi dirigenti con elezioni aperte a tutti. Ed esistevano gruppi, associazioni, individui che non si arrendevano e protestavano contro quel governo che toglieva ai poveri, agli handicappati le risorse per sopravvivere. E c'erano decine di migliaia di persone capaci di mobilitarsi in poche ore per difendere la democrazia. O l'onore di uno scrittore coraggioso che, minacciato di morte dalla mafia, in quei giorni era stato infangato dai giornali del miliardario incontinente. Come si chiamava quel giovane scrittore? Roberto Saviano. Curioso - si domanda il nipotino - forse è un omonimo di quell'altro vecchio, anche se un po' più giovane del nonno, che oggi è il capo dello Stato?
Ps. I bei sogni sono il migliore antidoto contro gli incubi.


* Giovanni Maria Bellu, Gli incubi e il sogno, L'Unità, sabato 20 Novembre 2010



Shamrock




C'era una volta un paese in cui tutti volevano andare ad investire perchè aveva un regime fiscale tra i più vantaggiosi in Europa. Era quasi un paradiso fiscale senza rientrare in nessuna lista nera. Era portato ad esempio dalle cancellerie di tutto il mondo. Mi ricordo che ai tempi in cui ho scritto la mia tesi di laurea dicevo che di lì a poco si sarebbe iniziato un grande programma di investimenti in quel paese che nel giro di pochissimi anni avrebbe riportato il PIL pro-capite a livello dei più prosperi stati dell'Unione. Mi ricordo che le politiche alla base di quello sviluppo economico si volevano esportare persino nel Sud Italia, creando di fatto una sorta di Stato a due velocità nel quale il Sud avrebbe potuto beneficiare di investimenti esteri grazie alla fiscalità di vantaggio. Ricordo che nel corso del tempo avevo letto anche un reportage su quel paese, in cui si metteva in evidenza come, da ormai quasi dieci anni, il tasso netto di immigrazione fosse diventato addirittura positiva. Cioè, mentre in passato i giovani nati in quel verde paese, a causa della mancanza cronica di posti di lavoro erano costretti ad emigrare per lo più negli Stati Uniti e in Australia in cerca di fortuna e agevolati dalla lingua comune, negli ultimi anni si era regisrato un aumento del numero di immigrati provenienti da altri paesi europei (molti anche dall'Italia) mentre i flussi in uscita erano a livelli assolutamente fisiologici. Ricordo di esserci anche stato in quel paese e di aver notato nella gente che vi vive una sorta di rispetto per i tempi andati, per la fame patita da genitori e nonni e per la tristezza data dai mille racconti di emigrazione di parenti e amici. Il tutto nonostante la situazione economica fosse notevolmente migliorata. Non sembrava una popolazione in preda all'euforia per l'improvvisa ricchezza, dedita al lusso sfrenato e abituata a vivere al di sopra delle proprie possibilità. Un bel giorno a cavallo tra l'anno 2008 e il 2009 l'incantesimo è sembrato essersi spezzato e adesso il paese sta attraversando la peggiore crisi economica degli ultimi trent'anni. Anche in quel paese, come in gran parte dell'Europa anglosassone (dal Regno Unito all'Islanda) le banche si sono avventurate in spericolate speculazioni finanziarie e l'intervento governativo per evitatre una irreversibile crisi di sistema ha fatto schizzare a livelli altissimi il deficit e il debito pubblico. L'effetto immediato è stata una tensione sui mercati finanziari che scommettono sull'impossibilità del Governo di fare fronte agli impegni finanziari assunti. Ieri finalmente il governo di questo paese ha deciso di accettare gli aiuti dell'Unione Europea che dopo aver salutato il miracolo del trifoglio deve fronteggiare il rischio di soffocare l'Euro dopo appena dieci anni di vita.


mercoledì 17 novembre 2010

Lo chiamerei Anna



Si, proprio così lo chiamerei Anna e gli darei anche il cognome, difficile da pronunciare in italiano, Politkovskaja. Gli darei, anche se è un maschio, il nome di una donna che ha provato ogni giorno a cambiare la vita sua e dei suoi connazionali, facendo l'unica cosa che poteva e sapeva fare: scrivere e raccontare. E che per questo è stata barbaramente ammazzata mentre rincasava dopo aver fatto la spesa. ah a proposito, il soggetto di questo post è un cane. E sì perchè in questi giorni in Russia è stato lanciato una sorta di referendum popolare per dare un nome a un cucciolo di Karakachan che è stato regalato al presidente russo Putin durante la sua ultuma visita in Bulgaria dal suo omologo Borisov. Proprio così, nel paese in cui solo poche settimane fa è stato assassinato un giornalista perchè era dichiaratamente anti-governativo e stava indagando sulle oscure trame di certi oligarchi del regime russo, si scatena un'orda di messaggi per dare il nome ad un cagnolino che il padrone già chiamava Yorgo ma poi ha deciso di scatenare questa consultazione popolare perchè non ne era troppo convinto. Non so cosa mi sia scattato quando ho letto questa notizia. La reazione, sulla quale è meglio soprassedere, è la stessa che provo ogni volta che sullo schermo della TV o del pc appare il volto che non deve chiedere mai dell'ex colonnello del KGB. Chissà in quanti stanno rispondendo all'appello del presidentissimo. Il nostro del resto è molto amato in patria, o almeno così gli piace credere. Basti pensare che qualche tempo fa è stato omaggiato di un calendario tutto dedicato a lui pieno di belle fanciulle in abiti succinti. Un altro regalo, dopo quello che gli avevano fatto, per il suo cinquantaquattresimo compleanno, il 7 ottobre del 2006, il giorno in cui gli tolsero di torno Anna. 


martedì 16 novembre 2010

Roditori



E' prerogativa dei grandi riuscire a gioire dei successi altrui. Quasi per contrappasso, invece, sono i mediocri a rimanerci male, a cercare il pelo nell'uovo, a dire, beh, in fondo cosa c'è di tanto straordinario? Se solo avessi voluto ce l'avrei fatta anch'io! Succede a scuola come nella pallastrada, agli esami della patente e con le ragazze, nel buttarsi col paracadute come nel vincere un concorso in Banca d'Italia o riuscire ad avere un posto di lavoro particolarmente ambìto. Nella città in cui vivo hanno un termine preciso per i tipi che considerano le vittorie altrui come proprie sconfitte: i rosiconi. Lasciando da parte i tifosi delle squadre di calcio che in quanto tali soffrono di turbe psichiche, l'immagine che ci restituisce questo termine è quella di un pover'uomo che nel silenzio della sua solitudine rimugina all'infinito su ciò che poteva essere e non è stato. Egli si apparta perchè in pubblico non può esternare tutto il proprio risentimento: verrebbe subito additato come un roditore e il nostro eroe invece ci tiene a rimanere al di sopra di ogni sospetto. Il rosicone è colui che in fondo è accecato dalla propria personalità ed ha una fede smisurata nelle proprie capacità. Per questo non riesce a vedere gli altri e pensa che dietro i loro successi si nasconda sempre una truffa, una raccomandazione, una botta di fortuna o più semplicemente la totale ignoranza del pubblico che non riesce a capire la mediocrità dei soggetti e per questo ne fa degli eroi. Il bello è che la categoria dei rosiconi prescinde dalle effettive capacità dei soggetti che ne sono colpiti e può assumere le sembianze di ognuno di noi ed avere come antagonista chiunque: dal compagno di banco al grande attore, dal calciatore che fa vincere da solo il campionato del mondo alla propria nazionale allo scrittore che in una sera di Novembre tiene inchiodati davanti alla televisione 9 milioni di telespettatori su Raitre. Il rosicone sta lì, col ditino puntato in alto con l'aria di chi pensa che in fondo lui non è riuscito ad andare in TV e ad avere il grande successo perchè il pubblico, troppo mediocre, non è ancora pronto per il suo registro narrativo. Forse pronto davvero non lo sarà mai, magari scopre che il rosicone è pure incapace.


giovedì 11 novembre 2010

Warning



Leggo dai giornali che pochi minuti fa è morto, dopo un mese di coma, il tassista di Milano che aveva investito e ucciso un cagnolino e per questo era stato trascinato fuori dall'auto e picchiato selvaggiamente. In questi momenti mi vengono in mente i famigliari che forse già da un pezzo avevano perso le speranze di rivedere in piedi il loro congiunto, ma che si porteranno dentro tutta la vita il senso di ingiustizia per una morte così futile e così brutale. Questo flash di agenzia mi ha fatto affiorare un ricordo del mio passato che in certi momenti riemerge nella mia mente. E' come se ogni tanto il mare restituisse alle rive i relitti di una nave naufragata o il corpo esangue di un pescatore che, dopo essersi dibattuto invano tra le onde, viene trascinato a riva, stremato e privo di vita, da correnti pietose. Era una sera molto buia e ricordo che in quel periodo lavoravo in centro. Aveva cominciato a piovere da qualche ora e quando mi sono messo sul motorino sembrava non avere nessuna intenzione di smettere. Ricordo che andavo un po' di fretta perchè una mia amica mi aveva invitato alla sua festa di compleanno. Non avevo molto tempo. Dovevo tornare a casa, fare una bella doccia per torgliermi di dosso tutta l'acqua che mi stavo prendendo e provare ad arrivare in tempo al locale coi mezzi pubblici. Mi ricordo che mi misi sulla punta del sellino, con la faccia dietro il parabrezza per cercare di ripararmi il più possibile dalla pioggia. Il fatto è che le gocce che si formano sul parabrezza non ti permettono di vedere bene e sgranano tutte le immagini. Stavo percorrendo una strada particolarmete stretta e buia, con a terra i sampietrini. I centauri abituati a muoversi sotto la pioggia per le strade della capitale sanno di cosa parlo. Una lunga striscia viscida e molto scivolosa, peggiorata dalle foglie secche cadute dagli alberi e dalla vernice delle strisce pedonali e della segnaletica orizzontale. Proprio mentre attraverso una striscia pedonale sento un colpo sordo. In un attimo mi trovo sbalzato dal sellino, perdo l'equilibrio e prima di rendermene conto mi ritrovo con le ginocchia a terra e con le gambe completamente fradicie. Un attimo dopo ti vedo un uomo col suo cane che sembra non essersi accorto di niente. Ho preso il cane. Fortunatamente solo di striscio. Subito capisco perchè non li ho visti: sono completamente neri sia il cane che il padrone, sembrano un fumetto e nell'oscurità di una sera da lupi non mi sono affatto accorto della loro presenza. Dopo esserci assicurati che il cane sta bene, ce ne andiamo ognuno per la sua strada. Non ho mai capito se fossero veri o solo un avvertimento. Fatto sta che ogni volta che scende la pioggia la mia attenzione raddoppia, la leva del tachimetro resta bassa e cerco di avere sempre una visuale chiara della strada e di chi la frequenta.


lunedì 8 novembre 2010

Ma il resto è veramente noia?



La legge Bacchelli, istituita nel 1985 assegna un vitalizio a tutti gli artisti che attraverso le loro opere hanno dato particolare lustro al Paese nel campo delle arti, della letteratura e della canzone. Il primo a ricevere l'assegno è stato lo scrittore del quale porta il nome che purtroppo non ebbe modo di beneficiarne a sufficienza in quanto morì solo due mesi dopo l'istituzione dell'apposito fondo. Franco Califano invece è uno tra gli autori più prolifici e poliedrici della musica italiana. Romano, completamente fuori dagli schemi, arrestato due volte e altrettante volte rilasciato per possesso di sotanze stupefacenti. E' un po' meno famoso come cantante, dato che la sua voce non è proprio cristallina. Ha anche partecipato ad alcuni film di dubbio gusto e altrettanto successo. Allora succede che il nostro eroe attualmente versa in una situazione economica a suo dire difficile, aggravata dal fatto che negli ultimi mesi non può più fare serate in seguito ad una caduta che lo ha allettato e che lo obbliga a servirsi delle cure prezzolate di assistenti. Nel chiedere il contributo, però, commette un errore dovuto alla solita spavalderia, sfrontatezza, forse delirio di onnipotenza o più prosaicamente mancanza di intelligenza: ammette di aver sperperato un patrimonio. Dice che nella sua vita ha avuto più di mille amanti e che per ognuna di esse non si è mai fatto mancare i migliori alberghi e ristoranti in giro per il mondo. Ammette candidamente che ogni volta che un'azienda automobilistica varava un nuovo modello di fuoriserie c'era sempre un esemplare riservato a lui e lo stesso avveniva con le moto. Inoltre afferma che la SIAE ogni sei mesi gli stacca un assegno da diecimila euro, non proprio una pensione sociale, alla quale in ogni caso ha diritto per raggiunti limiti di età. Insomma una vita sul filo del rasoio, nella consapevolezza che davvero tutto il resto, cioè noi, la nostra vita mediocre, i nostri lavori noiosi, i nostri stipendi magri, le nostre pizze al sbato sera, il prosecco per le feste, la macchina nuova ogni cinque anni e le nostre pensioni a Riccione per le vacanze estive, è noia. E adesso pretendi che quattro noiosi sfigati, invidiosi e rancorosi ti diano i loro spiccioli per le tue noiose minestrine?


venerdì 5 novembre 2010

Un uomo solo al comando




Questa è l'espressione utilizzata dal giornalista Ferretti per descrivere una delle innumerevoli vittorie epiche del grande Fausto Coppi. Storie di ciclismo, di momenti in cui la solitudine non è soltanto uno stato dell'animo, ma la consapevolezza di avere delle doti uniche e riuscire a sviluppare un passo che nessun altro corridore è in grado di tenere. A proposito di solitudine mi viene in mente anche la storia di certi allenatori di calcio che nel momento di difficoltà della loro squadra sono i primi a scendere in sala stampa a fare da parafulmine per le critiche nei confronti dei loro ragazzi. Sono gli stessi uomini che, nel momento del trionfo, preferiscono eclissarsi, uscire dalla scena, perchè in fondo sanno che il successo è una merce ad essi riservata, la logica conseguenza di tanti sforzi profusi nel corso di mesi e mesi di lavoro. L'immagine al negativo dell'uomo solo all'apice del successo mi è venuta in mente mentre scorrevo le cronache di queste giornate di fine regime. Ho come l'impressione che un dio osannato negli ultimi anni, considerato invincibile , da se stesso prima che dalla sua corte, sembra aver perso il carisma dei giorni e non essere più in grado di esercitare il ruolo di stella cometa per un'intera parte politica. Va anche detto che negli ultimi mesi l'uomo in questione non ha fatto altro che innalzare il livello dello scontro e qualsiasi buon proposito di riconciliazione con gli amici di un tempo sembra essere naufragato nella convinzione di stare nel giusto, costi quel che costi. Scontri di questo tipo, specie in politica, tendono a polarizzare le opinioni e spesso chi ti è amico, diventa ancora più intimo e solidale nei tuoi confronti. Tutto questo però, stando alle vicende degli ultimi giorni, sembra avere un limite, oltrepassato il quale, anche i sodali più vicini cominciano a voltarti le spalle, ad avere cioè la sensazione che il leader si sta isolando, di fatto sta scavandosi la fossa. Fino a qualche tempo fa non quasi mai successo di registrare in stretta sequenza i distinguo di ministri, editorialisti, maggiorenti di partito e semplici peones, che piano piano, stando abbandonando il capo alla sua sorte. Il bello è che queste fughe non sono dovute a motivi ideologici o a una netta presa di posizione contraria al capo, ma solo all'opportunismo e alla speranza di trovarne un altro, più disposto alla sopravvivenza e alla condivisione dei successi. Non sanno che i veri leader si caricano sulle spalle i destini della storia e, nel bene o nel male, anche nella sconfitta preferiscono chinare la testa piuttosto che avere un'inutile spalla su cui piangere.


mercoledì 3 novembre 2010

Il migliore amico dell'uomo




E' da un po' di tempo che mi capita di chiedermi se gli uomini sanno prevedere la sconfitta. L'esempio classico è ciò che capita con alcuni animali nel caso di terremoti. Si dice che, specialmente i cani, dato che sono in grado di percepire gli ultrasuoni, alcune ore prima del verificarsi di una scossa dimostrino nervosismo e non riescono a stare fermi. E' un'ottima dote questa dei cani e, se ben studiata e utilizzata dall'uomo potrebbe evitare gli effetti disastrosi dei movimenti tellurici. Negli stessi termini potrebbe essere utile, specie per certi "animali" che popolano la scena pubblica, riuscire a prevedere un repentino rovesciamento della realtà. Chissà che aria si respirava a Roma intorno al 476, quando finì l'impero che aveva dominato per diversi secoli su gran parte delle terre conosciute. Chissà se ci si preparava alla fine nella umida e afosa estate del 1789, quando colava a picco non solo una delle monarchie più sfarzose e spocchiose del XVIII secolo ma forse un'idea di governo autoreferenziale i cui poteri derivavano dagli dei e non avevano alcuna corrispondenza con il popolo e con lo stato. Chissà che brutta aria c'era a Berlino quasi completamente rasa al suolo dai carri armati russi nella primavera del 1945, quando fu chiaro persino alla lucida follia di Hitler che era finita un'epoca o quando, pochi giorni prima, il suo degno collega Mussolini venne catturato mentre tentava un'ultima fuga per le Alpi, prima di essere barbaramente ammazzato a piazzale Loreto insieme alla moglie. Era agosto nel 1947 quando cominciò, con l'indipendenza dell'India, la dissoluzione dell'impero inglese, il più grande per estensione geografica. Da allora la potenza europea non ha più rivissuto gli antichi fasti che ne hanno fatto una protagonista assoluta della storia del diciottesimo e del diciannovesimo secolo, anche se non è stata una vera e propria disfatta, visto che lì ancora regna la stessa famiglia da secoli. Era sempre agosto, nel 1991, quando alcuni nostalgici dell'Unione Sovietica tentarono un colpo di stato, contribuendo di fatto alla fine dell'esperienza comunista iniziata nel 1917 con la Rivoluzione d'Ottobre. Gorbaciov forse allora si rese conto che tutto stava per finire e che il progetto riformista e di rivoluzione morbida che aveva iniziato pochi anni prima stava fallendo, lasciando il campo a forze che, dietro una parvenza democratica, avrebbero instaurato un regime altrettanto autocratico non più dominato dall'ideologia socialistà ma dalla totale devozione al danaro e al potere fine a se stesso. Era settembre invece quando una bella mattina i super manager della Lehman Brothers, seduti sugli allori di una storia lunga quasi 160 anni, si presentarono nei loro uffici lussuosi nel grattacielo affacciato su Times Square, inconsapevoli che nel giro di poche ore ne sarebbero usciti senza lavoro e senza un dollaro. Stringevano tra le mani solo una scatola marrone piena di sogni infranti e di dubbi che forse tutti i soldi accumulati in quegli anni non avevano permesso loro di osservare attentamente l'orlo del baratro che a poco a poco si avvicinava. Avremmo da imparare tanto dai cani, dalla loro smania, dal loro attaccamento alla vita e dal tentativo disperato di segnalare a se stessi e a chi li circonda che la fine è vicina. Ma non è il caso di certi eroi contemporanei che, forse ancora invischiati nell'orgia del potere, non si rendono conto che il tempo sta per scadere e che i quadrupedi ai loro piedi ormai da ore si muovono all'impazzata e provano a riportarli alla realtà della sconfitta imminente. A Roma oggi fa abbastanza caldo, è una bella giornata e pare che il tempo regga tutta la settimana. Nessuno penserebbe che siamo alla fine di sedici lunghi anni di regno pressoché incontrastato di un uomo solo. Oggi forse troppo solo. Speriamo.