tremendieventi

giovedì 30 settembre 2010

EtiloRetrò



When I was just a little girl
I asked my mother, what will I be
Will I be pretty, will I be rich
Here's what she said to me

Sono da poco passate le undici e la gente sta cominciando ad andare via. Non ci aspettavamo di essere accolti come delle star, ma nemmeno che la gente italiana fosse tanto sonnacchiosa. Ma me l'avevano detto che qui difficilmente si tira fino a tardi e poi siamo solo a mercoledì, quindi tra un po' si finisce. Sono dieci giorni che siamo in Italia e stasera mi è presa un po' di malinconia. Sarà che il repertorio è sempre lo stesso, che la gente sembra non divertirsi affatto, che il week-end è ancora lontano, che stasera proprio non va. Mi sono tornati in mente i primi tempi in cui, coi calzoni corti, andavo in giro per le feste di paese col maestro Lucas. Si cominciava a giugno appena la scuola era finita e si proseguiva fino alla metà di settembre. Erding, Freising, Neuburg, Eichstätt, Kelheim, Vilsbiburg, ovunque si arrivava c'era gente a fare festa. Allora mi sembrava il più bel lavoro del mondo. I vecchietti ti davano pochi spiccioli, le cameriere ti stringevano ai loro petti turgidi e si poteva tirare tardi ogni sera senza che mamma e papà mi dicessero niente. Il fatto è che poi col passare del tempo non sono mai riuscito a trovare niente di meglio e allora mi tocca ancora oggi mettermi questi ridicoli pantaloni di velluto corti finto-tirolesi e suonare per ore la tromba davanti a orde di ubriaconi che della musica non capiscono niente, come me del resto. E come se non bastasse da qualche anno Hans, il capobanda, si è inventato il siparietto con me che mi scolo un intero boccale di birra da un litro d'un sol fiato. Eppure Roma me l'ero immaginata diversa. Il Colosseo, i cavalli in giro per i Fori Imperiali, San Pietro, le locande di Trastevere, le catacombe. Qui non c'è traccia della Roma di cui mi parlava mio nonno che è stato qui durante la seconda guerra mondiale. L'immagine che mi porterò della città è questo squallido tendone bianco, pieno di tavoloni di legno con un'orchestra finto-bavarese che suona, male, valzer della mia terra e orribili hit inglesi.

Que sera sera
Whatever will be will be
The future's not ours to see
Que sera sera.  



lunedì 27 settembre 2010

Chômage


Vauro dalla trasmissione Annozero, RaiDue, ottobre 2006

Immagina di essere un appassionato di calcio di un Paese in cui il calcio è sport nazionale. Immagina poi di essere intorno ai trent'anni e di recarti in un ufficio del lavoro a richiedere il sussidio di disoccupazione o più semplicemente di essere ammesso alle liste dei disoccupati in modo da poter usufruire di tutti i benefici previsti dalla legge. Immagina che la tua nazionale solo due mesi fa è uscita indegnamente da un campionato mondiale di calcio al quale si era qualificata con un furto e tutto anche per colpa di un antipatico signore riccio sulla cinquantina che non capisce assolutamente niente di calcio ma ha fatto di tutto per fare della tua nazionale la cosa più brutta e antipatica agli occhi del mondo. Peraltro senza sfiorare minimamente una vittoria che sia una. Immagina poi che lo stesso sia stato oggetto, durante il suddetto mondiale, di un attacco ferocissimo da parte di mezza squadra e che, successivamente, sia stato licenziato dal suo datore di lavoro per inadempienza contrattuale, visto che non era riuscito a portare a termine serenamente il suddetto mondiale. Immagina che la tua vita di disoccupato di una grande città per un attimo si incroci con quella dell'antipatico ricciolino a tal punto che te lo ritrovi fianco a fianco nello stesso ufficio del lavoro dove, demoralizzato, ti sei recato invano per la trentesima volta. E che lo stesso ricciolino abbia preso appuntamento con un consulente per ottenere un sussidio di disoccupazione, visto che gli svariati milioni di euro guadagnati negli ultimi cinque anni alla guida della nazionale di calcio del tuo paese non gli consentono di vivere una vita dignitosa. Se tutto questo ti capitasse, cosa faresti? a) Finalmente non dovrai più cercare un lavoro: ammazzi il commisario tecnico della nazionale e diventi eroe nazionale. Passerai il resto dei tuoi giorni in carcere, ma inseguito da milioni di giornalisti che vogliono un'intervista da te e di ragazzine che ti invieranno la loro biancheria intima usata e le descrizioni dettagliate delle tue visite nei loro sogni erotici. b) Ti dipingi la faccia di nero e, con in dosso la maglietta numero 21 della tua nazionale, ti metti a sventolare un cartello con su scritto "va te faire enculer sale fils de pute!" (quando si dicono i francesismi, fonte www.lequipe.fr) e aspetti che lui reagisca, tanto conoscendolo lo farà. A quel punto hai comunque smesso di cercare un lavoro perchè, dopo averti picchiato, dovrà darti un sacco di soldi come risarcimento morale e fisico. c) Ti avvicini, gli stringi la mano e, sfoderando il tuo miglior sorriso, gli chiedi un autografo. Un test così difficile sul tuo self control ti aiuterà sicuramente nel momento in cui, di fronte ad un responsabile del personale che ti offre un contratto a progetto trimestrale per addetto di telemarketing per un'azienda che vende batterie di pentole per corrispondenza, dovrai rispondergli:- è il lavoro che ho sempre sognato!


giovedì 23 settembre 2010

Convergenze parallele


L'occasione, come avrebbe detto un poeta del Trecento, è davvero piccola piccola, visti soprattutto i protagonisti in campo. Luca Zaia, governatore del Veneto, Fedele Confalonieri, presidente di Mediaset e Distretto di polizia, fiction di canale cinque che ruota intorno alle vicende dei personaggi di un posto appunto di polizia. Ora avviene che quest'anno la suddetta fiction sia arrivata alla decima edizione e che gli autori abbiano pensato di inserire il personaggio di un giovane centralinista di chiare origini bergamasche che passa per uno un po' tonto. Insomma un baggiano, di quelli che quasi duecento anni fa già Manzoni aveva descritto sulle rive del lago di Como. Avviene quindi che il suddetto governatore si ritenga offeso da una rappresentazione così stereotipata e scriva al presidente di Mediaset descrivendo il personaggio come  "raffigurato nelle serie televisive pensate prodotte e realizzate a Roma, come terragno, servile, interessato, poco perspicace". Continua la missiva sostenendo che questi sono "stereotipi", "caratterizzazioni inaccettabili, al di fuori di qualsiasi verosimiglianza." Premetto che non ho mai visto la fiction in questione nè mi sognerei mai di farlo nè nutro particolare simpatia per Zaia o Confalonieri, ma questa vicenda mi porta inevitabilmente a una riflessione. Un leghista che parla contro i pregiudizi e gli stereotipi non so se è un prodigio o uno scherzo. E’ come un napoletano che ti rincorre per migliaia di chilometri per restituirti il portafogli che hai perso per strada, come un romano che abbassa la suoneria del telefono cellulare in treno e va a parlare a bassa voce in corridoio, come un livornese incazzato che parla per due ore senza bestemmiare nemmeno una volta, un riminese che ama gli hamburger e ha un debole per le donne longilinee e filiformi, un triestino astemio che ti invita a casa a vedere la sua collezione di succhi di frutta, un palermitano sorpreso con la moglie a un’orgia di scambisti, un leccese che odia il mare il sole il vento la pizzica e i sud sound system, un dio ateo che ha smesso di credere anche in se stesso.


mercoledì 22 settembre 2010

Unforgettable

Immagine tratta da www.vauro.net

Proprio quando uno comincia davvero ad aver perso le loro traccie, eccoli che rifanno la loro comparsa sulla scena politica italiani Gianni e Pinotto della sinistra. Era da un po' che non li si sentiva, che non si assisteva alla messinscena della falsa furbizia del primo e alla furba falsità dell'altro, alle loro alchimie sui valori del riformismo e sulle formule di partito più o meno liquido, solido o gassoso, ma niente. Sono anch'essi come delle ballerine di seconda fila, hanno il terrore che il loro telefono smetta di squillare, che si esauriscano i fondi per le loro fondazioni o l'Africa prenda sul serio le proposte di uno di essi e lo trattenga davvero in soggiorno obbligato per fargli vedere cosa significa avere dei problemi a sud dell'equatore. I due campioni della doppiezza e del sotterfugio non riescono a capire che la gente ormai comincia a odiarli per davvero. Uno è antipatico persino nella mimica e famoso più per gli accordi con l'altra parte politica che per la lealtà verso i suoi alleati. L'altro è più sottile e sotto il volto pacioso da curato di campagna nasconde un'indole da vera iena: in fondo è riuscito a far cadere due volte il governo che diceva di sostenere senza assumersene minimamente la responsabilità. L'uno, nonostante passi per un grande stratega e tessitore di accordi impossibili, non ne azzecca più una e ha in Nichi Vendola il suo incubo: appena prova a metterglisi contro viene sbertucciato da miglia di voti contrari. L'altro, dopo aver mandato un ex camerata al Campidoglio perchè voleva fare la prima donna, ha lasciato la politica attiva perchè aveva perso ma voleva continuare a fare il segretario come se nulla fosse, salvo poi ritornare quando le acque si sono calmate. E continuano a scrivere manifesti alla nazione e a inviare lettere sul futuro del paese ai principali quotidiani italiani come se davvero contassero ancora qualcosa. E la cosa più bella è che questi due fenomeni sono pure l'uno contro l'altro, non si possono soffrire, nonostante gran parte delle loro fortune politiche sia semplicemente dovuta a questi loro battibecchi. All'illusione cioè che essi siano ancora centrali nel principale partito della sinistra italiana. Quando ci faranno il piacere di farsi dimenticare definitivamente forse inizieremo anche a provare a perdonarli. 


venerdì 17 settembre 2010

Maledetta cronaca


Ho sempre avuto l'impressione che il potere controllasse i gusti, le prefenze, le opinioni e quindi il voto dei cittadini attraverso la cronaca. Sarà che nel mio Paese c'è un Presidente del Consiglio che è anche editore, sarà che negli ultimi anni i programmi che si occupano di questa materia in TV fanno sempre più schifo, insomma non so come spiegarmelo. Tuttavia ho l'impressione che ci sia qualcosa di ancora più oscuro nel modo orribile che hanno i media di trattare questo argomento. Negli anni scorsi ci siamo trovati di fronte ad un'arma ben puntata contro il governo in carica. Vi era una quantità mostruosa di articoli di stampa, servizi di telegiornale, approfondimenti del cosiddetto infotainment pomeridiano che scandagliavano palnmo a palmo la provincia segreta, le lande sperdute di certi villaggi del Veneto, le valli pedemontane lombarde e le langhe piemontesi (al Sud no, quella è terra di mafie, meglio lasciare l'iniziativa a Santoro e alla Gabanelli) alla ricerca di albanesi e romeni o altri uomini dell'Est che sequestrano intere famiglie nelle loro ville alla ricerca spasmodica di casseforti gravide. In questo caso primo caso è evidente il ragionamento sottinteso: il Governo non fa abbastanza contro la microcriminalità che è quella più socialmente pericolosa, oppure l'orribile equazione immigrato uguale delinquente che soto sotto tende a giustificare le orribili politiche di (anti) immigrazione adottate nel mio Paese negli ultimi dieci anni. Oppure sempre negli stessi media ci raccontano le eterne ricerche di ragazzine più o meno grandicelle e carine che spariscono o vengono ammazzate o sono oggetto di efferate violenze. Qui è altrettanto evidente la distrazione dell'attenzione dai problemi più stringenti e ai quali spesso tanti governi non riescono a dare una risposta concreta. Purtroppo però l'inevitabile corollario di questa seconda tipologia di cronaca è il coiinvolgimento più o meno consapevole delle famiglie e delle intere comunità da cui provengono gli scomparsi, o dai quali gli stessi hanno deciso di fuggire. Il più delle volte questi paesi si trasformano in veri e propri set che, da settembre a giugno (guai a sparire nei mesi estivi, nessuno verrà a portare nei vostri cortili il cameraman e la giornalista con foulard di seta intonato al fermaglio per i capelli) sparano nelle nostre case lacrime più o meno artificiali, meschinità mal celate e sociologia da tre soldi da parte dei soliti commentatori delle disgrazie altrui. Ecco, settembre è iniziato da poco e c'è da fare il palinsesto. Se volete sparire affrettatevi, ci sono decine di telecamere pronte a far sapere a tutto il paese i vostri disagi e le vostre paure. Naturalmente dopo uno sputtanamento del genere le probabilità che voi torniate si riducono ai decimali, ma chissenefrega. Vuoi mettere l'affetto di un parente con la soddisfazione di stare sulla bocca di quasi tutte le casalingue italiane?


giovedì 16 settembre 2010

Ora alzatevi spose bambine


Bisogna preparare tutto in fretta. Purtroppo non c'è tempo da perdere e non riesco a credere che tra poco non rivedrò più tutti i miei amichetti della scuola. Ormai è il terzo anno che passo con loro. Con alcuni siamo diventati buoni amici. Ricordo i primi tempi, quando mi portavano a casa di nascosto dai loro genitori. Mi pregavano di mettere i calzoncini che mettono loro, mi presentavano con un altro nome, giustificavano la mia pelle un po' più scura col fatto che avevamo fatto una corsa ed eravamo sudati. Spesso anche loro si imbrattavano il viso per sembrare più simili a me. Non era facile da spiegare alle loro mamme e ai loro papà che c'era un bambino Rom, che non rubava, non si ubriacava e andava a scuola con loro. Ma adeso è tutto precipitato. Mi ero appena comprato la zaino nuovo, i quaderni belli lucenti di spiderman. Mi ero preso un sacco di urla da mia madre che mi rimproverava di affezionarmi troppo alla scuola e ai miei amichetti, che prima o poi mi avrebbero rinnegato e mi avrebbero preso in giro per il mio essere nomade. Ma tra noi non si fa così, non ci siamo mai fatti problemi e all'ora della merenda ci siamo divisi le loro merendine e le mie enormi fette di pane coi peperoni sott'olio. I grandi fanno sempre un sacco di storie, ma tra noi ci capiamo anche senza parlare. Adesso mi tocca preparare la mia valigia in fretta e furia. Sono due giorni che mio padre non si vede, sta cercando una macchina più grande per caricarci tutta la roba accumulata in questi quattro anni. Ho visto le mie nonne partire ieri, con le lacrime agli occhi, forse vanno in Serbia, oppure in Romania. I miei zii vivono in Italia, ma anche loro non se la passano proprio bene. Sono già stati cacciati via da Roma e da Bologna. Adesso abitano appena fuori Padova, pronti a fuggire in Slovenia o dovunque non ci siano cani o poliziotti a fargli sentire il fiato dietro al collo. Loro dicono così ma secondo me lo fanno solo per spaventarmi. Non ho avuto il tempo di salutare Gèrard e Mathieu, e nemmeno Isabelle. Ecco, non vedere più lei mi dispiace davvero. Si avvicinava a me ogni volta che mi vedeva pensieroso, mi accarezzava i capelli e mi portava a raccogliere i fiori nel cortile della scuola. Io sentivo i miei compagni che mi prendevano in giro e mi dicevano che sto piano piano diventando una femminuccia,ma a me non me ne importa niente. Adoro i capelli di Isabelle mentre si muove tra le aiuole, mentre il sole passa in mezzo a quei fili sottili d'oro. Mi piace toccare i suoi capelli quando  lei, appena fuori dalla scuola, si toglie i fermagli che la mamma le mette ogni mattina per venire a scuola. Tra poche ore si parte, di notte, mentre i capelli di Isabelle sono al buio. Spero un giorno di finire la scuola, trovare un lavoro e fare un bel matrimonio con Isabelle, pieno di fiori, con un sacco di cose da mangiare e l'ochestra di mio zio e i suoi amici con i violini che suonano tutta la notte. Una notte più bella di questa.  


lunedì 13 settembre 2010

Nell'armadio niente di particolare



L'altra sera sono andato a cinema a veder Urlo, film dedicato all'omonimo poema di Allen Ginsberg (Howl nella versione originale) pubblicato nel 1956. Il film è un colpo allo stomaco, ai nervi e agli occhi del telespettatore che viene catapultato nella mente ipertrofica dell'autore, attraverso una sua intervista, foto originali dell'epoca e infine  nel processo per oltraggio istruito nel 1957. Ne esce il ritratto di un'America dai due volti: da un lato una società, rappresentata dall'avvocato dell'accusa, ancora troppo bigotta e puritana che teme di perdere la verginità lentamente riconquistata dopo la fine della seconda guerra mondiale. Dall'altra si intravedono i primi accenni di un'avanguardia culturale che sancirà definitivamente l'egemonia culturale statunitense nel jazz, nella letteratura, nei costumi, individuando i fermenti che porteranno ai movimenti pacifisti di dieci anni dopo. Ma soprattutto ci restituisce una società che, all'indomani dell'assoluzione dell'editore (Ferlinghetti per intenderci mica uno qualsiasi) dall'accusa appunto di oscenità, si scopre già paladina della sacralità della libertà d'espressione. E' stato bello vedere questo film proprio alla vigilia del temuto rogo del Corano da parte di un certo sig. Jones (reverendo è un termine sprecato per un imbecille del genere che non merita nessun tipo di riverenza), per il quale, comunque, nessuno si è sognato alcun tipo di censura riaffermando, anche nei casi estremi come quello dello stupido Jones, l'importanza della libertà di esprimere il proprio pensiero ancorchè profondamente demente. In realtà il motivo per cui il film mi si è piantato nella testa, però, è tutt'altro. Mi ha portato alla memoria un mio caro amico dell'adolescenza e della prima maturità che in un pomeriggio afoso di agosto presentò un libro di poesie. Ricordo che aveva partecipato ad un concorso di poesia il cui premio era la pubblicazione di qualche centinaio di copie dell'opera da parte di un editore salernitano. Lui colse la palla al balzo e organizzò una presentazione di questo bel librettino in un circolo del mio paese che, allora, passava per un'esperienza avanguardista tipicamente cittadina e che forse era troppo avanti per un piccolo centro lucano immerso nelle montagne. Tanto avanti nel tempo era che, anche in seguito a proteste più o meno velate da parte della popolazione ma soprattutto a causa della mancanza di iscritti e quindi di denari, finì per chiudere pochi anni dopo. Ricordo che il giorno dopo quella presentazione partimmo per la mia casa a mare per una tre-giorni a base di solo alcool, per lo più consumato sul balcone di quell'abitazione e smaltito in lunghe e interminate scorribande per la cittadina calabrese. E' inutile girarci intorno. Ho conosciuto Ginsberg e la beat generation grazie a lui. Ha scritto in seguito anche altri libri e continua a dilettarsi di poesia.


venerdì 10 settembre 2010

Come una ballerina di seconda fila


Come fa a venirti in mente una cosa del genere? Eppure sei una persona esperta, un big della politica italiana, che solca le aule parlamentari dalla Costituente del '48, che è stato sette volte Presidente del Consiglio, un'infinità di volte ministro, adesso Senatore a vita. Passi pure per una persona intelligente, che con la sua sagacia riesce a freddare quasliasi interlocutore o oppositore, con la lingua tagliente, raffigurato in mille modi,come il Papa o con la coppola, emblema di un potere che non ci sta a mollare, che non ce la fa proprio ad andare in pensione. Come fai a non capire che usare un'espressione del genere significa giustificare chi la sera dell'11 luglio 1979 ha ucciso Ambrosoli? Come fai a non capire che in questo modo alimenti i sospetti di chi ti ha sempre considerato un mandante di quelle stragi, che vanno da Mino Pecorelli a Carlo Alberto dalla Chiesa,da Aldo Moro a Giovanni Falcone e via contando morti in una delle stagioni più sangiunose della nostra storia. Quella appunto che coincide con il tuo strapotere ai vertici della politica italiana. NOn avrai mica la speranza che qualcuno prima o poi si precipiti a riabilitarti e a restituirti l'onore che i sospetti e le condanne per mafia, ancorchè prescritte, hanno cancellato per sempre. Non soffrirai mica di protagonismo come una qualsiasi starlette della televisione che ha bisogno di visibilità per non cadere nell'oblio eterno? In questo tuo protagonismo mi ricordi tanto quell'altro tuo compare che se n'è andato poco tempo fa, anche se, a parte la militanza politica e l'essere stati protagonisti della stagione peggiore della politica italiana, avevate ben poco in comune, almeno per quanto attiene all'intelligenza. In realtà questo eterno stare sotto i riflettori non può far altro che nuocervi perchè mette in evidenza quello che siete, il marcio di una politica che ha fatto accordi anche col diavolo pur di mantenere inalterato il proprio monolitico e autoreferenziale potere. Che hanno fatto di male i figli di Ambrosoli per ritrovarsi di nuovo sullo schermo il tuo sorriso a mezza bocca che con aria saccente prova a riabilitarsi di fronte al tribunale della storia, proprio loro che hanno perso per sempre l'affetto del padre anche per colpa tua?


mercoledì 8 settembre 2010

Ode a John Turturro


Sono giorni di festival del cinema a Venezia, di polemiche per il film di Placido su Vallanzasca, di governi che stanno per cadere e di Mirabello dove si è celebrato il battesimo del nuovo Fini. Ma oggi la polemica politica mi interessa davvero poco. Ho letto che al festival ha presentato il suo ultimo film, Passione, in cui scandisce di nuovo il suo amore per l'Italia e in particolare per la nostra gente, la nostra musica e i nostri colori. E allora meglio rinfrescarsi la mente e riappacificarsi col mondo con una delle facce più improbabili e penetranti del cinema mondiale. L'ho visto la prima volta ne Il colore dei soldi ma a stento riesco a ricordarlo, era una parte minore, ma già mi aveva affascinato quella faccia e quel naso portato con tanto orgoglio e con tanto rispetto per chi se lo trovava di fronte. Poi rimasi folgorato quandi vidi per la prima volta Fa' la cosa giusta, quello sì che era un attore, quella sì che era una faccia che non si dimentica facilmente. Poi nei panni di Jesus Quintana, campione di bowling ne Il grande Lebowski, è stato davvero il ricordo di un'epoca bellissima che purtroppo non potrà più ritornare. Ricordo che vidi quel film per la prima volta a Roma, tre anni dopo che era uscito, a via Montecuccoli al Pigneto, la via di Roma città aperta, su quel selciato girarono la scena di Anna Magnani che, mentre insegue l'auto che sta portando via il suo uomo, viene ammazzata con una raffica di mitra. Ero con un mio caro amico che non c'è più e che mi manca tanto. Poi ho visto Turturro in altri film e ogni volta che mi capita di incrociarlo su uno schermo, anche televisivo, mi fermo perchè penso che lo meriti, perchè penso che una persona così intelligente e indipendente raramente sbagli un film. Mi piace quella sua aria svagata da anti-divo, i capelli buttati in testa alla rinfusa, i tratti del viso spigolosi, l'orgoglio di essere italiano, la capacità mostruosa di essere sulle scene di tutto: italiano, ebreo, africano, con una naturalezza disarmante. Un giorno mi è capitato addirittura di vederlo, stava uscendo da un bar vicino casa mia, io passavo in motorino e me lo sono trovato di fronte. Nessuno andava a importunarlo, la gente che frequenta quel bar non sa nemmeno chi sia. Lui era con una ragazza, probabilmente un'assistente e stava allontanandosi con una certa fretta da quel posto. Io naturalmente non l'ho fermato perchè non ho mai fermato nessuno. Mi piacerebbe parlarci qualche ora, stare lì ad ascoltare le sue storie, magari farci un viaggio in treno, ma due minuti così per strada non mi piacciono. Due minuti sono troppi per fare uscire un mito dallo schermo e troppo pochi per coglierne la grandezza.


giovedì 2 settembre 2010

Miracolo (?) a New York


Ieri pomeriggio tornavo a casa dall'ufficio, come al solito in motorino. In questi giorni il tempo è ancora buono e non c'è troppo pericolo di trovarsi in mezzo a una tempesta di pioggia che non ti fa vedere la strada e rende il fondo scivoloso mettendo a repentaglio la tua sicurezza sul mezzo. Mentre camminavo per una Roma che ancora non si è del tutto risvegliata dopo le vacanze estive, mi viene in mente cosa succederebbe se ad un certo punto un qualsiasi automobilista si mettesse a fare il pazzo e a giocare all'autoscontro con noi poveri centauri. Il fatto è che pochi giorni fa in Slovacchia un folle è uscito di casa, ha prima ammazzato sette persone e poi si è suicidato e queste cose un po' ti segnano. Anzi mi è venuto in mente che potrei essere proprio io a dare di matto un bel giorno e, avendo deciso di uccidermi, potrei prendere l'auto e, come in un videogioco, provare ad abbattere quanti più motociclisti possibile. Il fatto è che il tragitto sul motorino dura quasi mezz'ora e, non avendo musica, la testa, oltre che a stare attenta alla strada e al traffico, inevitabilmente viaggia di palo in frasca in milioni di pensieri. Allora mi sono ritrovato a pensare a quello che farei nel caso succitato. Mi assicurerei prima di tutto di tenere ben stretta in mano l'arma con cui compiere poi il mio suicidio, altrimenti non solo non avrei risolto nessuno dei miei problemi che aventualmente mi avrebbero portato al suicidio, ma mi sarei complicato la vita in maniera irreparabile: sono una persona sensibile e il conseguente carcere sarebbe solo una punizione minima per l'enorme scia di morte che l'insano gesto si sarebbe lasciato alle spalle. Per questo pensavo, la prima cosa è assicurarsi di uccidersi il prima possibile e senza errori. In effetti la cosa più stupida è tentare il suicidio e non riuscirci: oltre a creare un enorme ansia in tutti quelli che ti vogliono bene e che temono per quello che potresti combinare nel futuro, la cosa peggiore che ti può succedere è che ti va male e rimani paralizzato o in galera tutta la vita. Poi alla fine il pensiero mi è ritornato alle solite occupazioni quotidiane, anche perchè non sono uno che medita sul suicidio, anzi, è che poi ogni tanto mi piace entrare nell'ottica del "cosa succederebbe se...".Oggi vado sul corriere on-line e leggo "New York: si butta dal 39° piano per suicidarsi: è grave ma vivo". Si tratta di un ragazzo di 22 anni che aveva tentato di farla finita ma non c'è riuscito. Ora ha tutte e due le gambe fratturate e una lesione ai polmoni. Fortunato? Incapace? Ha finalmente un buon motivo per farla finita davvero? Solo quando si sveglierà capirà a quale categoria appartiene e la prossima volta sia che decida di vivere, sia di smetterla definitivamente farà bene a studiare meglio le sue mosse.