tremendieventi

giovedì 24 febbraio 2011

Le nostre vite degli altri



Nella scena più bella del film Le vite degli altri, l'agente della stasi HGWXX/7 cambia radicalmente le sue opinioni sulla DDR e sul suo stesso lavoro sporco dopo che il suo sorvegliato ha suonato al pianoforte Die Sonate vom guten Menschen. "Ma come fa chi ha ascoltato questa musica, ma veramente ascoltato, a rimanere cattivo?" è quello che afferma Georg Dreyman e da allora HGWXX/7 non sarà più lo stesso. Ecco, la vita a volte ci offre l'occasione di riscattarci, di essere migliori, di imparare a vivere meglio senza che ce ne accorgiamo, appunto per caso. Capita ad esempio in una mattina di settembre quando entra in classe il primo giorno di scuola un ragazzo affetto da sindrome di Down. Fino al giorno prima hai avuto delle perplessità sulla vita di questi ragazzi ancora troppo puri per crescere, da quel giorno in poi ti rendi conto degli sforzi cui sono inconsapevolmente sottoposti pur di farsi accettare da una società che ci vuole belli e vincenti e che alla prima ruga è pronta a riempirsi di botox. Loro no, loro si portano dietro i loro occhi a palla, le loro labbra sempre troppo screpolate, i loro sguardi assenti, la loro voglia di coccole, la loro goffaggine, tutto ciò che sono, sempre con un sorriso immenso stampato sugli occhi. Non si accorgono di quanto stanno contribuendo a migliorare la tua vita, lo fanno e basta e tu cominci a vedere la vita con i loro splendidi occhi. Ecco, dei ragazzi di Catanzaro hanno avuto questa fortuna e, quando dovevano andare ad una gita alla quale la preside aveva vietato la partecipazione del ragazzo affetto da sindrome di Down, non ci hanno pensato su due volte. Alla gita non ci va nessuno perchè siamo tutti uguali, abbiamo tutti gli splendidi occhi un po' gonfi, con le palpebre un po' calate e appoggiate sopra le nostre gote splendidamente contratte nel più bel sorriso del mondo. Come fa chi ci ha guardato negli occhi, ma veramente guardato, a non mandarci in gita?


mercoledì 23 febbraio 2011

Il lungo il corto e il pacioccone



Il lungo, il corto e il pacioccone
sono tre bravi cow-boys.
Non usano mai le pistole,
perché lo sceriffo non vuole.
Il lungo si sfoga con la chitarra
Il corto il suo benjo fa suonar
Ghengherenghenghen – ghengherenghenghen
Ghen – ghen – ghen – ghen – ghen
e la ballata canta il pacioccone.



In questo momento di cambi di casacca e turbolenze più o meno accentuate nelle aule parlamentari, con un Presidente del Consiglio sotto processo e oggetto di sberleffi per le sue figuracce con impresentabili leader nordafricani, con un Gheddafi che spara sulla sua stessa gente pur di mantenere il potere e i timori delle borse per i contraccolpi della crisi libica sul sistema finanziario italiano e non solo, un grande giornalista di Repubblica trova ogni giorno il tempo di intervistare uno dei politici del gruppo dei Responsabili. Questa new entry delle aule parlamentari è il frutto di settimane di trattative scatenatisi dal momento dell'uscita dei finiani dalla maggioranza e culminate nei giorni cruenti della fiducia al Governo. La grande abilità di Caporale sta nell'approccio quasi confidenziale che ha con il suo interlocutore. Si comincia quasi sempre con una battuta e si finisce spesso a ruoli invertiti, con il giornalista che si trova a doversi districare nelle alchimie dialettiche e logiche di  onorevoli al limite del surreale. E si perchè il ritratto che ne esce fuori è di veri e propri personaggi della commedia all'italiana. Poveri cristi che hanno vagonate di voti ma che non riescono a mettere insieme un discorso di senso compiuto, maghi dell'equilibrismo che sarebbero capaci di cambiare opinione nella metà del tempo che impiegano a fare il nodo a una cravatta, peones alla ricerca del momento di gloria e sprovveduti che si fanno cucinare a fuoco lento dai vecchi cronisti parlamentari. In altri casi può capitare l'imprenditore prestato alla politica che, grazie alla legge elettorale vigente, si trova ad occupare uno scranno senza avere nessuna idea, anzi avendone poche ma soprattutto confuse. Quando ci si trova di fronte a questi elementi i problemi si complicano: il parlamentare ha poca voglia di stare tutto il giorno in aula o in commissione e quindi, abituato com'è a mercanteggiare su tutto, prova a vendere al migliore offerente il suo enorme sacrificio di andare in aula a schiacciare il bottone. E poi c'è la diva, la Wanda Osiris, il parlamentare incompreso, quello che ha grandi idee troppo rivoluzionarie per i bizantinismi della politica italiana, quello che dieci anni fa aveva già capito come andava a finire e che non si sa perchè ogni tre mesi è pronto a lasciare un gruppo parlamentare se non vengono portati in aula i suoi disegni di legge rivoluzionari. Ecco, per loro c'è la frase che meglio li descrive, usata dal Presidente della Camera per apostrofare uno di questi geni che, come tale, si sentiva incompreso: "Ci sono attori e pagliacci. I pagliacci non fanno sempre ridere, a volte fanno anche piangere".



giovedì 17 febbraio 2011

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Dopo un blocco di un paio di settimane, è meglio dispiegare le vele e ricominciare il cammino interrotto bruscamente. Allora cosa ci siamo persi: il Primo Ministro del paese in cui vivo è imputato in un processo con rito abbreviato per induzione alla prostituzione minorile e concussione, per reati analoghi i suoi colleghi di partito spesso implorano pene esemplari; è cominciato il 61° Festival della canzone italiana, per quelli che si occupano di musica non è cambiato assolutamente niente, tanto per loro c'è poco da ascoltare, per tutti gli altri opinionisti che affollano la TV dalle 14 alle 19, invece, una vera pacchia, dopo le varie ragazzine scomparse ci sarà da commentare un Albano splendidamente vestito e il risveglio di Patti Pravo dopo la boheme sanremese, e vi assicuro non è il festival del 1979; a Londra, durante una manifestazione indetta da sabotatori anti-regime, è apparso un cartello che recitava testualmente "Free Tibet and Italy"; Sergio Marchionne ha finalmente indossato una cravatta, in particolare, l'altro giorno durante la sua audizione alla Camera dei Deputati, la mise era perfetta per il definitivo abbandono dell'Italia; dopo la Tunisia e l'Egitto ora tocca all'Iran e a Gheddafi, altri oligarchi in giro per l'Europa cominciano a scambiarsi passaggi aerei dopo essersi scambiati talami tondeggianti, domenica scorsa le donne italiane nonne mamme zie suore e zoccole sono scese in piazza per dire basta a un modello maschilista che le vuole veline orizzontali e supine in tutti i sensi; lunedì scorso Simona Ventura, ormai una stampa e una figura di Karl Lagerfeld, ha dato inizio all'Isola dei famosi, l'anticamera che ogni Papi girl sogna prima di Arcore; a meno di una settimana dall'assemblea fondativa, FLI perde già pezzi e si spacca il gruppo al Senato, Barbareschi, sorpreso dal flop in TV del suo capolavoro "Il trasformista", pensa di chiedere i danni a Berlusconi a meno che non lo accolga fra le sue braccia e lo nomini Ministro della Cultura; meno male che domani esce l'ultimo film dei fratelli Coen.


martedì 8 febbraio 2011

Alberiuomini




Leggo sul giornale di un progetto di un veterano della guerra in Iraq che due anni fa, di ritorno appunto dal fronte, decide di mettere su un'impresa agricola in California. Il suo lavoro va così bene che diventa un punto di riferimento negli Stati Uniti per la riabilitazione dei reduci e il loro reinserimento nel tessuto economico e sociale di quella nazione. L'episodio nella sua genialità è quasi banale e mi riporta alle memorie di un anziano signore nato negli anni Venti del secolo scorso che mi aveva raccontato un episodio simile. Partito per il fronte tra la Grecia e l'Albania intorno al 1939, ad appena diciotto anni, aveva fatto ritorno a casa dopo l'8 settembre con ancora negli occhi gli orrori del conflitto ancora in corso. I corpi dei commilitoni utilizzati come scudo durante gli attacchi dei nemici, la processione dei pidocchi lungo il lavandino quando la sera si tornava in caserma, l'accusa di sabotaggio quando, fatto prigioniero dai tedeschi e costretto a lavorare in una fabbrica di assemblaggio di aerei militari, si addormenta con il trapano in mano e fa un buco quattro volte più grande di quello che era sufficiente a fissare l'elica alla carlinga dell'aereo. E poi il cibo fatto quasi esclusivamente di patate, la pelle sottile dei tanti morti di fame incontrati e lasciati sulla strada e la benevolenza di tante generose donne dell'est Europa che con le loro premure scaldavano lo stomaco e l'anima, infine il ritorno a casa come un'avventura a bordo di treni dirottati nelle stazioni di mezza Italia. Ne erano passate talmente tante davanti ai suoi occhi che a distanza di cinquanta anni e senza avere mai imparato a scrivere o a raccontare quegli avvenimenti, poteva tenerti delle giornate intere e farti rivivere i cieli grigi dei primi anni Quaranta. Bene, un giorno mi portò nel posto che secondo lui gli aveva salvato la vita: la campagna. Mi raccontò che i primi tempi tornato dal fronte, non riusciva a sentire nessun rumore, persino i rari postali che sbuffavano nella piazza del suo paese lo angosciavano e allora aveva deciso di dedicarsi al silenzio. Aveva vissuto quasi quattro anni in campagna a coltivare tutto ciò che quella terra avara riusciva a far crescere. Certo, c'era bisogno di cibo, erano tempi magri e affamati, e pure ciò che più ricordava era il canto  degli uccelli, il fruscio del vento che attraversa i pomodori che stanno per maturare, la leggerezza dell'acqua che si poggia sulla lattuga e sui cavoli. Non aveva fatto l'agricoltore, nè era diventato ricco con quella pratica, la sua azienda non era un modello da esportare e il governo non gli avrebbe mai richiesto una consulenza per il reinserimento delle reclute in congedo, e pure se era vivo e riusciva ancora a provare dei sentimenti era solo grazie alla terra. La terra gli aveva restituito la testa perchè lo aveva riaccolto tra le sue zolle e, attraverso la sintesi clorofilliana, lo aveva fatto rifiorire.