tremendieventi

lunedì 28 giugno 2010

Stato canaglia



E' di pochi giorni fa l'audizione al senato del ministro dell'Interno Roberto Maroni. In quella sede il titolare del Viminale ha tracciato un quadro sconvolgente della capacità di penetrazione delle organizzazioni criminali nel tessuto economico del nostro paese. E' come se esistessero due livelli di azione delle mafie: da un lato ci si concentra sul mercato finanziario attraverso operazione di riciclaggio portate avanti da colletti bianchi corrotti e stuoli di avvocati a servizio permanente delle famiglie, da un altro punto di vista, invece, si continua a presidiare il territorio con le attività tipiche del porta a porta mafioso, racket, spaccio e usura. Proprio nel caso dell'usura, oltre alle complicità del ssitema bancario, esiste un fiorente mercato legato ai privati e non alle attività economiche e tra le cause che sono alla base della maggiore richiesta di piccoli capitali da parte dei privati cittadini vi è l'affannosa, ossessiva, costante ricerca di vincite facili attraverso lotto, superenalotto, gratta e vinci e win for life. Da un lato quindi si ha uno Stato che, con enormi sacrifici di magistrati e poliziotti, tenta ogni giorno di porre fine al giogo esercitato dalle organizzazioni criminali a danno di fette enormi del sistema economico e sociale italiano, da un altro è sempre lo Stato, attraverso la tassa sui poveri, a incentivare l'indebitamento familiare e quindi la costante dipendenza dagli unici istituti di credito che hanno il denaro facile e non chiedono particolari garanzie. Si garantisce direttamente con la vita propria e dei propri familiari. Faccio una vita di quartiere abbastanza costate, quindi mi capita spesso nell'arco di una giornata di entrare nei bar che sorgono intorno a casa mia. Quasi sempre ti ritrovi il gestore intento a cambiare i soldi in monete per permettere al famelico cliente di schiacciare con avidità i tastini del videopoker, oppure ti ritrovi file oceaniche di attesa per poter finalmente giocare il tagliando arancione del superenalotto o potersi accaparrare i coloratissimi gratta e vinci che danno premi da pochi euro fino al mezzo milione. Da un rapido sguardo ti accorgi subito che è gente che non si può permettere di spendere soldi in divertimenti di alcun tipo. Si tratta per lo più di gente che ha perso il lavoro, sia italiani che migranti, o di pensionati in evidente stato di indigenza. E' come se si giocassero la "resta" o come si dice adesso l'"all in". E' come se scommettessero le loro ultime forze in una sorta di o la va o la spacca , anche se sanno in cuor loro che quasi sempre la spacca. Questo fenomeno si intensifica in occasione degli aumenti del jackpot del superenalotto, quando persino in televisione fanno la pubblicità invitando tutti a cambiare vita indovinando la combinazione magica. Molto spesso si tratta di centinaia di milioni di euro, quindi il premio per il rischio è elevatissimo, anche se da un punto di vista statistico il gioco è assolutamente iniquo, uno su seicentomilioni di probabilità di vittoria contro qualche milione di premio, la gente non capisce queste formule astruse e continua a farsi derubare della Stato. Purtroppo poi va a finire che, dopo esserti giocato la resta, ci sono da pagare le bollette, le vacanze per la moglie che non sa del tuo azzardo, i figli che non hanno colpe e che vogliono le scarpe da 200 euro di cui hanno appena visto la pubblicità in TV e sono uguali a quelle del loro compagno di banco. Ecco che qui inizia una spirale perversa che impoverisce il tessuto economico delle famiglie e ingrassa la Mafia S.p.a, che ringrazia lo Stato che crea ogni giorno nuovi clienti ai propri istituti di credito.  


mercoledì 23 giugno 2010

La malaeducación



Ieri sera in Tv stavo guardano Argentina-Grecia, poi finita 2 a 0 per i sudamericani. Ad un certo punto i due commentatori si sono soffermati sulla giovane età dei protagonisti di quel match. Facevano riferimento all'anno di nascita, due calciatori nati nel 1988, un altro nel 1990 e poi Lionel Messi, che compie 23 anni fra due giorni.Sì proprio lui, il pallone d'oro, il gioiello di questa Argentina, colui che è già un leader in una delle squadre più forti del mondo,il Barcellona, con il quale ha vinto la Champions League l'anno scorso e diverse edizioni della Liga Spagnola, ha appena 23 anni. Poi leggo stamattina che Maradona tesse le lodi di un suo calciatore, Pastore, dicendo che è un maleducato del calcio, uno che sembra che abbia giocato 4-5 mondiali, in realtà due giorni fa ha compito appena 21 anni. Eppoi guardo la nostra squadra, l'Italia, età media 28 anni, gente che nel 2006 era all'apice della carriera e che qui oggi si presenta dopo quattro anni come se niente fosse cambiato. E poi, il solo vero genio che è emerso negli ultimi campionati qui in Italia, Mario Balotelli, che, leggo sempre dai giornali, sta sostenendo in questi giorni gli esami di maturità, quindi non ha nemmeno vent'anni, viene lasciato a casa con la scusa che, sì, forse è troppo giovane, inesperto, si deve ancora fare, non ha la maturità e altre menate del genere. Ma quando il Paese in cui vivo avrà la coscienza di capire che peggio di come stiamo, nella politica, nell'economia, nelle relazioni industriali, nel calcio, è impossibile stare e che forse è giunta l'ora di rifondare tutto in tutti i campi? Che forse avremo bisogno di più gioia, allegria, incoscienza, freschezza, occhi nuovi per capire, analizzare, cercare di barcamenarci in un mondo che ormai ogni giorno cambia a una velocità tale che menti troppo vecchie non sono in grado di stargli dietro? Quando anche noi capiremo che un po' di maleducazione alla Maradona forse potrà farci fare quel salto in avanti che ci è riuscito solo negli anni Sessanta quando, appunto, allora a causa della guerra, la vecchia generazione era ormai decimata e si è stati costretti a puntare tutto sui giovani?


lunedì 21 giugno 2010

E se esistesse davvero?



E' da un po' che principi della chiesa cattolica, nobiluomini di sua santità, santi subito e beati, dongelmini vari di riffa e di raffa non se la passano poi così bene. Atteniamoci ai fatti. Da oltre un mese è scoppiato in maniera incontenibile lo scandalo pedofilia nella chiesa cattolica italiana. Da nord a sud è tutto un rincorrersi di denunce, ricordi sfumati, preti che hanno violentato per decenni bambini con disagi fisici e psichici, tutte cose che negli Stati Uniti (poi dice che non è vero che noi italiani arriviamo sempre in ritardo!) sono già state archiviate più di un decennio fa. Ieri sera poi in televisione va in onda "Una voce per Padre Pio", uno spettacolo indegno, creato solo per lanciare cantanti da tre soldi che sono usciti da un reality di canale 5 e poi hanno vinto un festival di Sanremo ma sono completamente ignorati dal pubblico e dalla critica, oppure per riesumare artisti di un tempo che fu che la gente ha già riposto nel dimenticatoio ma che la TV continua a ricicciare in ogni buona occasione in cui ci sia un vuoto da riempire. E bene ieri sera la prima serata di Rai Uno era libera perché la partita principale c'era stata alle 16. Tralasciamo i commenti sui protagonisti e l'esito di questo brutto spettacolo di sport. E' di ieri anche la notizia del rinvio a giudizio di don Gelmini. Un prete molto caro a potenti e uomini di governo, tra cui il nostro primo ministro, accusato di molestie nei confronti dei giovani che frequentano le sue comunità per il recupero dei tossicodipendenti. Il tutto sullo sfondo di un'inchiesta per la corruzione negli appalti per il G8 che coinvolge la congregazione per l'evangelizzazione di alcuni continenti, o come vogliate chiamarla, o più comunemente propaganda fide, proprietaria tra l'altro di immobili nella sola Roma per nove miliardi di euro. Gli uomini al vertice dell'organizzazione nel 2006 sono indagati per corruzione e per aver favorito il capo della protezione civile e l'allora ministro per le infrastrutture in cambio di soldi per finanziare appalti mai realizzati, insomma l'ennesima brutta storiaccia all'italiana che stavolta coinvolge anche un cardinale e un monsignore suo assistente e mio conterraneo. Mi sa che alla fine a queste anime pie, cardinali, vescovi, sacerdoti, fedeli troppo fedeli e zelanti non resti altro che pregare il loro dio affinché lo stesso non esista, perché se esistesse davvero le pene che dovranno sopportare nell'inferno sono infinite.


giovedì 17 giugno 2010

- DESIDERIO! - DESIDERIOOOOOOOOOOOOO!!!!



Ore 13.25 di martedì 31 Ottobre 1995. Roma, via Carlo Felice, fermata del tram all'altezza di S. Croce in Gerusalemme. Sono in attesa del 30 "barato" (in realtà sarebbe barrato, ma qua si usa co 'na ere sola, anche se la maggior parte dei vecchietti chiama questo tram semplicemete "'a circolare"). Sto andando all'università. Oggi pomeriggio le solite sei ore di lezione: due di matematatica, due di istituzioni di economia politica e due di statistica. Passa il 13, il tram più vecchio che abbia mai visto. Ha una sola carrozza che sarà lunga massimo una decina di metri, le porte idrauliche, una alla testa per l'uscita e una alla coda per l'entrata (c'è persino il posto per il bigliettaio!!)si guida con una manovella circolare che va girata in senso antiorario per accelerare e viceversa per rallentate, ha un piccolo pedale che fa da clacson e un aspetto che ti riporta alla Torino dei tempi dell'unità. Poche settimane fa l'ho preso per la prima volta per andare a Portaportese. Era una domenica mattina e dalla sera prima ci eravamo accordati con una amica dei tempi del liceo. Quella mattina, deve essere stato metà ottobre, una dei primi tempi dopo il mio trasferimento qui avvenuto a metà settembre, mi ricordo un caldo infernale e questa mia amica impazzita per la quantità di roba acquistabile. Fortunatamente dopo un breve tratto a piedi ci siamo separati e siamo tornati a casa in momenti diversi. Ricordo che andai a pranzo a casa sua e quel giorno conobbi le sue coinquiline, una delle quali mi è risultata subito molto simpatica, si chiama Adelaide. Oggi il tempo è molto diverso da quella mattina. Comincia a fare davvero freddo e il cielo ha un colore orribile, grigio acciaio con venature cobalto e una quantuità di nuvole che scorrono in cielo e preannunciano pioggia per i prossimi giorni. I fiorai fanno affari d'oro in questo periodo. Tra due giorni è la festività dei morti e su questa linea, che porta al Verano, si vedono decine di macchine e persone a piedi in attesa di autobus e tram, che si affollano per acquistare fiori. Il più delle volte si allontanano da questi chioschi verdi con dei fagotti impressionanti, molto grandi, sembrano prosciutti di cinghiale o bambini immensi, in realtà contengono più verde che fiori, più carta che colori, ma in giornate come queste basta la scena. Andare all'università in tram è un vezzo che si possono permettere davvero in pochi, forse a Boston, sicuramente a Lisbona, la città coi tram più belli che abbia mai visto. Ci sono sia i superjumbo che sembrano treni ad alta velocità sia delle carrette che fanno il pelo alle pareti delle case che sanno più di funicolare che di veri e propri mezzi su rotaia. Stasera si andrà a cena a mensa, intorno alle 20, alla fine della lezione. Pasto a mille lire con birra alla spina da cinquecento lire. Probabilmente verrà anche Pietro, il mio amico che studia medicina, sicuramente cenerà con noi anche mio fratello, venuto apposta da Villa Mirafiori. Dopo cena, come al solito, fumeremo una sigaretta alla fermata del tram su viale Regina Elena, continuando con i soliti tormentoni e Pietro ci saluterà col suo tono da ragazzino, col suo sorriso che gli riempie il viso. A domani.


lunedì 14 giugno 2010

Vuvuzelas




Venerdì scorso è iniziata la coppa del mondo di calcio in Sudafrica. Non ho visto la cerimonia ufficiale di inizio, ma, dalle poche immagini che hanno mandato i telegiornali, mi è sembrata davvero bella. Mi hanno impressionato soprattutto i colori molto caldi e la musica che incessante faceva da sottofondo ai balli scatenati messi in scena da centinaia di figuranti. L'altra cosa che mi ha sconvolto è il sorriso dei protagonisti. Sarà perchè sulla pelle nera i denti bianchi risaltano maggiormente, sarà perchè questo popolo ha davvero una gran voglia di divertirsi e di mostrare al mondo che gli anni bui dell'apartheid sono ormai alle nostre e alle loro spalle, sarà perchè spesso chi svolge quel ruolo è costretto a sorridere per contratto anche se gli è morto il gatto e il tubo della doccia perde, sarà per tutto questo ma quelle immagini mi hanno messo una grande gioia. Per il momento ho visto solo spezzoni di partite e non mi hanno nemmeno troppo entusiasmato. Il motivo è che non dispongo di un impianto con satellite e la RAI ha deciso di mandare in onda solo le partite che ritiene più importanti. Chi pensa una cosa del genere non sa che lo spettatore aspetta quattro anni anche per vedere una squadra scarsissima battersi contro i campioni del mondo, apprezza le rappresentative raffazzonate all'ultimo momento ma con un grande spirito di squadra e un legittimo orgoglio nazionale, gioisce nel poter vedere in campo quegli incontri che purtroppo in altre sedi sarebbero impensabili. Iran-USA oppure Libia-Israele li puoi vedere solo ai mondiali e certamente un freddo funzionario della RAI non capirà mai l'effetto simbolico di una partita del genere che non dice niente nè sul piano tecnico-sportivo nè su quello economico e degli sponsor. Stasera comincia poi il cammino dell'Italia. Non nutro particolari simpatie per Marcello Lippi, ma penso che sia una persona capace che vuole sempre dimostrare a tutti che se si vince o si viene eliminati anzitempo è sempre e solo merito o colpa sua. Nessuno può scalfire le sue granitiche certezze, nessuno può dargli consigli che tanto non accetterebbe o seguirebbe, ha sempre l'aria di chi combatte contro tutti, ma non si capisce bene il perchè, visto che almeno la nazionale rappresenta tutti. Ebbene tutto ciò premesso mi è piaciuto l'altro giorno quando ha detto che a nessuno permetterà di salire sul carro dei vincitori. Politici, giornalisti, calciatori a casa gufanti davanti alla TV saranno tutti tenuti all'esterno del grande carro che, in caso di vittoria, sfilerà per le strade della capitale. E quelli come me che non nutrono simpatia per lui, alcuni uomini della sua squadra (Camoranesi, Cannavaro, Gattuso, Pirlo, Zambrotta in rigido ordine alfabetico) e alcuni atteggiamenti da eterne vittime, quel giorno cosa dovranno fare, sentirsi inglesi?


venerdì 11 giugno 2010

Divieti e prescrizioni



Oggi è un brutto giorno per il mio Paese. Ieri è stata votata dal Senato una legge che, di fatto, limita notevolmente la libertà di giornalisti, direttori di giornale ed editori di pubblicare stralci di inchieste, anche quando esse siano pubbliche, ovvero rese note alle parti coinvolti in un procedimento giudiziario. Non parlo nemmeno della limitazione dell'azione giudiziaria dovuta alla difficoltà di effettuare intercettazioni da parte della Magistratura e degli altri organi inquirenti. Eppure, ed è questo ciò che più mi meraviglia, mi sconvolge, mi indigna, mi lascia basito, incazzato, con un grande senso di disprezzo per i miei coetanei, per la gente che mi è vicina, non lo so ma oggi mi sembra davvero di avercela con il mondo, insomma, eppure dicevo sembra che a nessuno freghi niente di niente. Vado sui social network ai quali partecipo e c'è chi mi ricorda che mancano ventuno giorni al concerto degli Slayer, a chi vuoi che interessi una roba del genere se non a te stesso, agli Slayer e a quelli come te che hanno comprato il biglietto e comunque figurati se se lo scordano quindi è inutile che ce lo ricordi; un altro pensa di essere Fellini forse perché non ha mai visto Fellini e quindi riesce appena a cogliere ciò che il grande registra rappresenta per le cartoline di Roma e non la fonte di ispirazione che ha saputo dare a tutta la cinematografia mondiale; un'altra ci informa che ha deciso di dare una svecchiata al suo aspetto e quindi ha tagliato i capelli e appena di ritorno a casa dal parrucchiere posta un paio di foto e le commenta col fare svagato di chi vuole schermirsi, ma ti prego; un'altra ci informa delle meraviglie turistiche di Vibo Marina (VV), vabbè ma ti prego smettila, togliti di torno almeno per oggi. Insomma purtroppo la gente che frequento non è per niente interessata a questa brutta legge, subito ribattezzata legge-bavaglio, forse dipende dal fatto che i giornali qui in Italia non li legge nessuno e quindi nessuno riesce a cogliere la portata dirompente del provvedimento. Davvero tremendieventi.


lunedì 7 giugno 2010

La donna del mistero forse svelato



Sono ormai passati quasi cinque anni da quando, un pomeriggio per caso, ho cominciato a guardare sulle reti locali della mia città le vecchie telenovelas argentine anni Novanta. Mi stupiva vedere questo mondo veramente falso, attori che quasi scimmiottavano se stessi e delle interpretazioni al limite del ridicolo, tanto che mi sono chiesto cosa ci fosse dietro. Oggi leggo di un convegno al festival dell'economia di Trento che si tiene in questi giorni dove si cerca di analizzare il rapporto tra telenovelas e emancipazione sociale nei paesi che erano o sono in via di sviluppo. Si fa l'esempio del Brasile, dove la presenza di eroine televisive molto impegnate e single o con un solo figlio ha fatto calare il numero medio di figli per donna dai 6,2 del 1970 ai 2,1 dell'anno scorso. Oppure del Rwanda dove si è rappresentata la storia tipo Romeo e Giulietta di una coppia - lei hutu lui tutsi - che riesce a far trionfare il proprio amore contro l'avversione dei parenti, sostenendo che anche questo avrebbe permesso la riconciliazione tra le due etnie in lotta da decenni. Infine si è discusso del caso dell'India, paese in cui si mostrano donne non più sottomesse ai mariti e libere di scegliere del proprio futuro oppure di una bambina che rifiuta di andare a lavorare a 11 anni perchè vuole andare a scuola, bambina che è diventata simbolo dell'emancipazione femminile attraverso la scuola e il cui ritratto appare in diverse aule scolastiche del Pese. Allora mi sono detto che forse non avevo tutti torti. Le telenovelas non sono solo un porodotto di serie b, mal recitato, seguito da persone di scarsa cultura e con redditi medio-bassi, generalmente prodotto con pochi soldi, i cui beniamini sono venerati nei loro paese di origine ma anche all'estero. Servono a qualcosa. E allora mi è venuta in mente una telenovela argentina che ho seguito qualche anno fa. In quel groviglio di amori, tradimenti, pianti a dirotto tra campagna e città, emergevano con forza alcuni degli elementi tipici delle civiltà sviluppate: l'edonismo, lo sfrenato consumo di beni, l'uso smodato di mezzi tecnologici e automobili funzionali al conseguimento di uno status sociale rispettabile, la rincorsa di sistemi capitalistici ultra-liberisti in cui venivano abbandonati i temi dello sfruttamento dei campesinos e si strizzava l'occhio agli agenti di borsa e agli speculatori senza scrupoli. Poi scopro che quella telenovela è della metà degli anni Novanta, quando elementi del genere erano assolutamente minoritari nella realtà Argentina, ma soprattutto quando, in seguito alla ostinazione con cui il governo e le autorità monetarie vollero tenere il peso argentino ancorato al dollaro, si crearono i presupposti per la grande recessione del 1998 che sfociò nella crisi finanziaria dei tango bond del 2001-2002. Ma non sarà - mi sono chiesto - che le autorità governative si sono servite di quel grande mezzo di propaganda, seguito ogni giorno da milioni di persone, per far accettare agli argentini un sistema che non apparteneva loro e che nel medio-lungo termine ha causato la povertà di milioni e milioni di cittadini innocenti per le scelte scellerate dei loro governanti? Non sarà che in fondo la parità peso argentino-dollaro conveniva soprattutto agli Stati Uniti che avrebbe avuto buon gioco a esportare senza alcuna difficoltà i suoi prodotti nel mercato sudamericano senza subire le svalutazioni competitive argentine? Non sarà che si vincono molte più guerre con una pellicola avvincente e una storia d'amore ben costruita che con milioni di fucili?


venerdì 4 giugno 2010

Quando il luMINOso ci acceca



Ieri sera stavo andando a letto. Ero stato in piscina, avevo pure mangiato tanto e allora mi sarei volentieri steso per riposarmi dopo una giornata in cui avevo anche preso un bel po' d'acqua. Era quasi fatta, dovevo solo spegnere la TV, ma prima di farlo, ho dato un'ultima botta di zapping per avere la sicurezza di non lasciare un bel programma senza vederlo. Avevo ragione. La mia previsione era azzeccata: ho visto un programma bellissimo su Mino Reitano. Il 27 gennaio del 2009 è morto e da allora, da subito, mi sono reso conto che quelli della mia generazione si erano persi un pezzo della storia della musica italiana. Minoli, autore del programma di ieri sera, ha costruito in quasi un'ora un bel ritratto, denso di testimonianze ma soprattutto senza fare sconti né a lui né a quelli che nel corso degli anni lo hanno usato come pretesto per fare cazzate o come fenomeno da baraccone. Non mi soffermerei più di tanto sulle sue doti artistiche, non sono un critico e non conosco nemmeno più di tanto il suo percorso da poter esprimere un giudizio ancorché da incompetente. Però quella visione mi ha fatto riflettere e tanto sul potere della televisione. Sui suoi meccanismi perversi, che possono stritolare chi non è in grado di manipolare un mezzo tanto difficile o chi è morto di fama come si dice adesso e che, pur di apparire nella scatola delle meraviglie è disposto a prestarsi a questi assurdi giochi a chi fa più monnezza. La falsità, l'assurdità delle ragioni che ti spingono ad andare a fare il giullare in tv emergeva anche dalle parole dei tanti intervistati: ognuno di essi sembrava volesse dire - ah se fossi stato al suo posto mi sarei reso conto che forse mi stavano prendendo in giro - oppure - ma in fondo lui lo sapeva che lo stavano coglionando ma era troppo buono per opporsi e troppo bisognoso di notorietà per rifiutare. In fondo, nonostante dopo tanto tempo si provi in tutti modi a risarcire la sua memoria, non si fa altro che riaffermare che i meccanismi brutali dello star system sono quelli e, una volta usciti dalla scena, rientrarci è difficilissimo e bisogna pagare un prezzo altissimo. Eppure la trasmissione di ieri sera ha avuto il merito di far vedere a quelli della mia generazione chi era Reitano prima che noi nascessimo. Era una persona perbene, un bravo cantante, una persona intelligente che vendeva milioni di dischi. Un Tiziano Ferro degli anni Sessanta-Settanta con grande successo in Italia e all'estero, snobbato, come spesso accade senza colpa di nessuno, dai critici colti perché la sua musica non era colta, ma popolare. Noi purtroppo lo avevamo visto solo sbracciarsi pateticamente sui palchi di Sanremo o nelle varie Domenica In a dare il peggio di sé o a farsi il verso in varie comparsate in cui veniva rappresentato come l'emblema del trash, del noioso, del finto piagnone. E' molto difficile percorrere scalzi il viale del tramonto, ma è quasi impossibile decidere di svoltare prima. Che sia il tramonto a venirci a trovare e non noi a inseguirlo!


martedì 1 giugno 2010

Buoniocattivi



Quando sabato scorso ho letto un bell'articolo di Umberto De Giovannangeli sull'Unità relativo alla Freedom Flotilla non avrei mai pensato che nel giro di poche ore sarebbe stato così importante conoscere tutto su quella vicenda. Avevo visto l'articolo un po' di sfuggita, mi sembrava una delle solite notizie trite e ritrite sul medio-oriente, i deliri del presidente iraniano, i tentativi inutili di procedere a "processi di pace" e "road map"  e via di seguito, argomenti che ormai a furia di sentirli mi hanno stancato perché non aggiungono niente di nuovo a quello che ormai si dice da diversi anni. Poi ho visto la firma dell'articolo, una di quelle di peso, che vale sempre la pena leggere e allora mi sono soffermato. E ho scoperto questa Freedom Flotilla a bordo della quale si trovavano pacifisti  Turchi, ma anche Italiani e di altri Stati Europei. Lo scopo dell'iniziativa era di aggirare il blocco commerciale che attanaglia la striscia di Gaza con l'obiettivo di portare, via mare, aiuti umanitari a un milione e mezzo di Palestinesi che da quattro anni subiscono l'ingiustizia e gli stenti di un embargo durissimo che fa aumentare di giorno in giorno la tensione nell'area mediorientale. Bene, leggevo quell'articolo e pensavo - ci vorrebbero più spesso iniziative del genere, dovrebbero salire a bordo anche televisioni, giornalisti e israeliani moderati e pacifisti affinché il mondo si abitui finalmente all'idea che non si può condannare lentamente a morte una popolazione innocente. Pensavo poi che, essendo un'iniziativa del genere sotto gli occhi di tutti e rilanciata dai principali organi di informazione internazionale, il Governo Israeliano non si sarebbe mai permesso di attaccare il convoglio umanitario come peraltro aveva minacciato, anche se le minacce sembravano più di facciata che di pericolo imminente. E invece è successo quello che nessuno auspicava e su cui nemmeno i più beceri oltranzisti sarebbero stati disposti a scommettere: l'esercito israeliano ha attaccato. Così nella notte scorsa sono morti 10 pacifisti, in gran parte turchi e sono stati imprigionati quasi 500 cittadini europei, dando vita ad un'operazione che da più fonti viene definita un atto di pirateria o addirittura un attacco di guerra. Penso che la stoltezza anche stavolta abbia vinto, che la ragione non sia riuscita a prevalere. Penso a quei ragazzi e a quelle ragazze che andavano a fare festa coi loro fratelli di Gaza. Donne, uomini, bambini, vecchi, avrebbero fatto un grande falò e festeggiato per un piccolo aiuto che poteva alleviare minimamente i loro stenti ma che poteva portare una grande speranza in quelle popolazioni. Niente suoni, niente falò, niente balli. Solo il cupo suono dei fucili, morte, sangue, ancora gente uccisa. Peccato.