tremendieventi

venerdì 5 novembre 2010

Un uomo solo al comando




Questa è l'espressione utilizzata dal giornalista Ferretti per descrivere una delle innumerevoli vittorie epiche del grande Fausto Coppi. Storie di ciclismo, di momenti in cui la solitudine non è soltanto uno stato dell'animo, ma la consapevolezza di avere delle doti uniche e riuscire a sviluppare un passo che nessun altro corridore è in grado di tenere. A proposito di solitudine mi viene in mente anche la storia di certi allenatori di calcio che nel momento di difficoltà della loro squadra sono i primi a scendere in sala stampa a fare da parafulmine per le critiche nei confronti dei loro ragazzi. Sono gli stessi uomini che, nel momento del trionfo, preferiscono eclissarsi, uscire dalla scena, perchè in fondo sanno che il successo è una merce ad essi riservata, la logica conseguenza di tanti sforzi profusi nel corso di mesi e mesi di lavoro. L'immagine al negativo dell'uomo solo all'apice del successo mi è venuta in mente mentre scorrevo le cronache di queste giornate di fine regime. Ho come l'impressione che un dio osannato negli ultimi anni, considerato invincibile , da se stesso prima che dalla sua corte, sembra aver perso il carisma dei giorni e non essere più in grado di esercitare il ruolo di stella cometa per un'intera parte politica. Va anche detto che negli ultimi mesi l'uomo in questione non ha fatto altro che innalzare il livello dello scontro e qualsiasi buon proposito di riconciliazione con gli amici di un tempo sembra essere naufragato nella convinzione di stare nel giusto, costi quel che costi. Scontri di questo tipo, specie in politica, tendono a polarizzare le opinioni e spesso chi ti è amico, diventa ancora più intimo e solidale nei tuoi confronti. Tutto questo però, stando alle vicende degli ultimi giorni, sembra avere un limite, oltrepassato il quale, anche i sodali più vicini cominciano a voltarti le spalle, ad avere cioè la sensazione che il leader si sta isolando, di fatto sta scavandosi la fossa. Fino a qualche tempo fa non quasi mai successo di registrare in stretta sequenza i distinguo di ministri, editorialisti, maggiorenti di partito e semplici peones, che piano piano, stando abbandonando il capo alla sua sorte. Il bello è che queste fughe non sono dovute a motivi ideologici o a una netta presa di posizione contraria al capo, ma solo all'opportunismo e alla speranza di trovarne un altro, più disposto alla sopravvivenza e alla condivisione dei successi. Non sanno che i veri leader si caricano sulle spalle i destini della storia e, nel bene o nel male, anche nella sconfitta preferiscono chinare la testa piuttosto che avere un'inutile spalla su cui piangere.


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