tremendieventi

giovedì 20 gennaio 2011

Gabriella




Il frastuono del silenzio in una piscina è assordante. L'odore nauseabondo del cloro è irritante e i primi tempi ti si appiccica addosso e lo senti per molte ore dopo aver fatto la doccia. Ti provoca occlusioni del naso e spesso una serie infinita di starnuti che non se ne vanno per delle ore. Eppure quando entri in acqua è come se ritornassi allo stato primordiale. Ho sempre pensato che se avessi dovuto rappresentare fisicamente il paradiso lo avrei reso come una piscina. Ed oggi eccomi qui, in una piscina immensa, dopo quasi quaranta anni di gare a combattere con questi giovincelli alle prime armi. Ho iniziato che l'Italia stava lentamente riprendendosi dalla sbornia del sessantotto e dalle mie parti non era visto di buon occhio che una ragazza di quasi trenta anni se ne andasse in giro per le piscine in costume. Il fatto è che mio marito mi ha sempre appoggiata e, anche se non sa nemmeno stare a galla, ha sempre capito l'importanza che il nuoto riveste nella mia vita. Anche stamattina è venuto ad accompagnarmi e continua a farmi un migliaio di foto prima e durante ogni gara. Stamattina, come ormai ogni volta che ci sono delle gare, mi sono alzata prestissimo, anche perché stanotte non ho chiuso occhi. Ogni volta sogno che lo starter dà il segnale e io resto incollata ai blocchi, incapace di fare qualsiasi movimento. Un altro sogno ricorrente, che ormai mi accompagna da una vita, è la solidificazione dell'acqua. Sogno di galleggiare e di non essere in grado di fare le bracciate come si deve perché le braccia sprofondano nell'acqua che nel frattempo è diventata un liquido gelatinoso e non riesco più a tirarle fuori. Nonostante gli incubi di stanotte, mi sento benissimo. L'atmosfera delle gare mi eccita sempre. Mi piace alzarmi all'alba, preparare i panini per gli amici della mia squadra, magari pure una crostata che fa sempre bene e che dà un po' di energia tra una gara e l'altra. Poi quasi sempre mi fermo e mi metto a pensare al nuoto nella mia vita: a quando ero piccola e mio padre e mia madre, che siano benedetti ovunque si trovano, mi vietavano di fare il bagno da sola. Avevo imparato a nuotare con una mia cugina che viveva in Germania e da allora mi era sembrato che la natura in fondo non era stata poi così male anche con noi esseri umani: è vero che non ci ha dato le ali per alzarci in volo come dei gabbiani, ma almeno ci permette di nuotare che è un po' come lasciarsi andare tra le nuvole. Mi tornano in mente i primi tempi del mio matrimonio, quando non ero più riuscita a rientrare in una piscina, un po' per le gravidanze e un po' perché allora vivevo in campagna. La prima volta che ci rientrai avevo più di trenta anni e mi sentivo un'intrusa, temevo che l'acqua non mi avrebbe accolto come un tempo. Dopo le prime bracciate non riuscivo più a smettere, ero tornata nel mio ambiente naturale, ero di nuovo pronta a volare. Dopo tanto tempo eccomi ancora qui. Mi sono legata i capelli, ho indossato questa strettissima cuffietta e gli occhialini che continuano ad appannarsi per l'emozione. 
-A posto!
-Via!


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