tremendieventi

lunedì 10 maggio 2010

Prima comunione



Non so ancora perchè mi hanno invitato. Fa un caldo mostruoso, 'sta specie di gazebo aumenta l'umidità e l'effetto serra e mi sbatte sulla spalliera della sedia costringendomi a non stare appoggiato allo schienale. Non so nemmeno perché sono venuto. Avrei potuto dire di no, tanto alla fine che ve ne frega. I miei 500 euro alla bambina glieli avevo dati e voi avreste fatto volentieri a meno di questo rompiscatole che non riesce a camminare, ha la dentiera che gli irrita le gengive perciò non la mette e emette strani suoni mentre mangia. Si vede dalle facce che avete, per non parlare dei vestiti che nemmeno nel peggiore carnevale. E poi tutti a ridere, tutti a mostrare i vostri denti neri, a mangiare con la bocca aperta e nessuno che rivolge nemmeno uno sguardo a questo, secondo voi, squallido e patetico rincoglionito, recluso dalle sue gambe malferme ad un'estremità del tavolo. Cominciano gli antipasti: tutti provano a fingere indifferenza. In realtà hanno una fame che se li divora, e soprattutto, viste le panze che c'hanno, non sembra una novità. Eppure trenta anni fa non era così. Io e la nonna della bambina che oggi festeggia la prima comunione ce ne andavamo in giro per il mondo appena ne avevamo la possibilità. Ho sempre lavorato fuori dal mio paese, muratore in Germania, trasportatore in Belgio, idraulico in Olanda. Ho sempre mandato un sacco di soldi a mia moglie e quando arrivava Agosto non volevo vedere nessuno, non mi andava di ritornare a questo orribile paesello dei castelli romani. Francia, Inghilterra, Stati Uniti, Kenia, Giappone. Io e Esmeralda, che nome, che donna, non ce ne siamo stati mica con le mani in mano. Del resto, nonostante tutte le balle e gli stereotipi sulla nostalgia degli emigranti, non mi sono mai sentito di appartenere a questa orribile terra, che ha tutti i difetti delle grandi città e pure della provincia. Poi sette anni fa a sessantacinque anni me ne sono andato in pensione e la bella Esmeralda è morta poche settimane dopo. E da allora è cominciato il mio inferno. E' come se il tempo, anzichè scorrere a poco a poco, mi avesse presentato il conto tutto in una volta. E' come se mi fossi addormentato quarantenne e svegliato settantenne. Mia figlia voleva che andassi a vivere con lei. Mai. Fortunatamente ho ancora un bel po' di soldi e sono piuttosto loro a dipendere da me e non viceversa. Dovrei continuare per il resto dei miei giorni a sentirmi come adesso: un peso, un errore, un male necessario. Mia figlia e mia nipote continuano a parlare tra loro ad alta voce, a mangiare con la bocca aperta a bere emettendo gorgoglii insopportabili, mentre mi hanno quasi isolato dall'altro lato del tavolo, dove aspetto in silenzio che la loro macabra festa finisca. Spero solo che la bella Esmeralda non debba aspettarmi troppo.


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