tremendieventi

lunedì 14 novembre 2011

Titolidicoda



La cosa più bella di queste settimane non è il tentativo da parte di tutti, anche i più sprovveduti in materia di economia e di inglese, di arrampicarsi sulla pronuncia mostruosa dello "spread" per non parlare del suo significato, non è la faccia allegra e strafottente di Sarkozy prima e la Merkel poi mentre rispondono a una domanda sulle rassicurazione fornite loro dal Presidente del Consiglio italiano; non è neanche la fine ingloriosa di un governo che agonizza da mesi senza riuscire a produrre un provvedimento che sia uno o le affermazioni del premier sulla crisi che è il frutto di un'invenzione giornalisti quando "i ristoranti sono sempre pieni e si fa fatica a prenotare un posto in un aereo"; no, non è niente di tutto ciò. Queste ultime settimane di regime ci lasceranno indelebilmente scolpite nella memoria tutte le piccole miserie umane messe in evidenza nelle ultime ore con un'accelerazione degna del CERN di Ginevra. Prendiamo Fede. Mentre l'inchiesta sulle olgettive prosegue a tamburo battente, mentre il suo sodale Mora viene condannato a otto anni per bancarotta fraudolenta e perde trenta chili in carcere, mentre il suo datore di lavoro sta affondando inesorabilmente, fa quasi tenerezza mentre dice che se cade il suo editore smette di fare il direttore di telegiornale. Ce ne faremo una ragione. O l'onorevole Crosetto. Per anni è rimasto nel dimenticatoio, nessuno si è occupato di lui, nessuno lo notava se non per il suo aspetto fisico e una certa somiglianza con il cartone shrek. Poi, nell'arco di poco più di una settimana, riesce a inanellare una serie di fesserie che gente ci metterebbe una vita a far meglio. Prima attacca Tremonti venendo smentito dai suoi colleghi di partito costringendolo a fare ammenda, poi va in Tv a prendere a male parole un giornalista, si alza in piedi puntando il dito contro il malcapitato mentre continua a minacciarlo e per poco non gli mette pure le mani addosso, poi si abbandona alla confessione con un giornalista apostrofando il suo capo come "quella testa di cazzo di...", poi smentisce di essere lui la voce che pronuncia quella frase e che il giornalista ha postato, contraffatta, sul suo profilo di un social network e, infine, a tarda serata ammette di essere lui l'autore della telefonata e sostiene che generalmente si esprime in quel modod e non è raro vederlo in giro a dare del "testa di cazzo" ad amici e familiari. Un altro caso splendido è la Carlucci. Non si sa bene come sia finita in parlamento, antesignana delle varie carfagne e barbare fagioli che hanno costellato l'ultimo parlamento italiano, si fa notare nel corso di più legislature quasi solo per le fesserie e gli eccessi che ne caratterizzano l'opera di parlamentare e di soubrette che coniuga confondendo spesso il palcoscenico della politica col lavoro di presentatrice senza niente da dire. Negli ultimi giorni ha abbandonato anche lei il suo datore di lavoro, se n'è andata nel gruppo dell'UDC e ha tentato fino all'ultimo di strappare un titolo di giornale o almeno una citazione in un'agenzia di stampa. Questo sono alcune delle piccole miserie umane che si nascondono dietro la caduta di un leader. In ogni caso è meglio non dimenticare anche in futuro per cercare di non cadere in tentazione, sarà bene ricordare il nulla condito dal niente della prosa di Rotondi, le gaffe senza senso e senza fine della Gelmini, lo sguardo confuso e inconfondibile di Gasparri e Quagliariello, l'accento e la risata immobile di Cicchitto, le tette rifatte della Minetti e la svolta semi-anoressica della neocrocerossina Carfagna, lo sguardo docile da pescecane della Santanchè, il continuo danzare sull'orlo del ridicolo di Capezzone, nonostante in quell'abisso ci sia caduto da un decennio, la chioma rossa e il reggicalze della Brambilla, lo sguardo allegro di Belpietro o rassicurante di Sallusti, la speranza di essere qualcuno dell'agopuntore Scilipoti. Sarà difficile dimenticarli in fretta. Speriamo almeno di farci gli anticorpi.    



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