Ieri sera stavo andando a letto. Ero stato in piscina, avevo pure mangiato tanto e allora mi sarei volentieri steso per riposarmi dopo una giornata in cui avevo anche preso un bel po' d'acqua. Era quasi fatta, dovevo solo spegnere la TV, ma prima di farlo, ho dato un'ultima botta di zapping per avere la sicurezza di non lasciare un bel programma senza vederlo. Avevo ragione. La mia previsione era azzeccata: ho visto un programma bellissimo su Mino Reitano. Il 27 gennaio del 2009 è morto e da allora, da subito, mi sono reso conto che quelli della mia generazione si erano persi un pezzo della storia della musica italiana. Minoli, autore del programma di ieri sera, ha costruito in quasi un'ora un bel ritratto, denso di testimonianze ma soprattutto senza fare sconti né a lui né a quelli che nel corso degli anni lo hanno usato come pretesto per fare cazzate o come fenomeno da baraccone. Non mi soffermerei più di tanto sulle sue doti artistiche, non sono un critico e non conosco nemmeno più di tanto il suo percorso da poter esprimere un giudizio ancorché da incompetente. Però quella visione mi ha fatto riflettere e tanto sul potere della televisione. Sui suoi meccanismi perversi, che possono stritolare chi non è in grado di manipolare un mezzo tanto difficile o chi è morto di fama come si dice adesso e che, pur di apparire nella scatola delle meraviglie è disposto a prestarsi a questi assurdi giochi a chi fa più monnezza. La falsità, l'assurdità delle ragioni che ti spingono ad andare a fare il giullare in tv emergeva anche dalle parole dei tanti intervistati: ognuno di essi sembrava volesse dire - ah se fossi stato al suo posto mi sarei reso conto che forse mi stavano prendendo in giro - oppure - ma in fondo lui lo sapeva che lo stavano coglionando ma era troppo buono per opporsi e troppo bisognoso di notorietà per rifiutare. In fondo, nonostante dopo tanto tempo si provi in tutti modi a risarcire la sua memoria, non si fa altro che riaffermare che i meccanismi brutali dello star system sono quelli e, una volta usciti dalla scena, rientrarci è difficilissimo e bisogna pagare un prezzo altissimo. Eppure la trasmissione di ieri sera ha avuto il merito di far vedere a quelli della mia generazione chi era Reitano prima che noi nascessimo. Era una persona perbene, un bravo cantante, una persona intelligente che vendeva milioni di dischi. Un Tiziano Ferro degli anni Sessanta-Settanta con grande successo in Italia e all'estero, snobbato, come spesso accade senza colpa di nessuno, dai critici colti perché la sua musica non era colta, ma popolare. Noi purtroppo lo avevamo visto solo sbracciarsi pateticamente sui palchi di Sanremo o nelle varie Domenica In a dare il peggio di sé o a farsi il verso in varie comparsate in cui veniva rappresentato come l'emblema del trash, del noioso, del finto piagnone. E' molto difficile percorrere scalzi il viale del tramonto, ma è quasi impossibile decidere di svoltare prima. Che sia il tramonto a venirci a trovare e non noi a inseguirlo!
tremendieventi
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