E chi glielo spiega adesso al ministro La Russa che gli eroi sono solo buoni per le quattro chiacchiere con cui intrattiene i suoi colleghi in Parlamento o, peggio, e nei salotti televisivi. Chi gli ricorda che a volte la retorica suona ancora più sinistra per i parenti che attendono un corpo che non tornerà più. Immaginare un soldato in guerra è una cosa davvero difficile. A me capita spesso in questi giorni, dopo che purtroppo un altro soldato è stato ammazzato in Afghanistan. Si pensa alla sveglia cadenzata dai vari turni di guardia, al morale sotto i piedi, all'armamento pesantissimo che ti fa sudare ad ogni passo, a quel maledetto giubbotto antiproiettile che da solo pesa quasi venti chili. E poi manca casa, la ragazza,la moglie, i figli, e allora i pensieri si addensano nella mente e tornano le lugubri immagini delle bandiere che avvolgono le bare. E allora è meglio non pensarci, inforcare gli occhiali da sole e uscire in pattuglia. Non hai il tempo di pensare a chi ti ha mandato qui, a che cosa ha spinto il nostro paese a partecipare ad una missione, a chi si farà fregio della tanta fatica che fai ogni giorno. E poi c'è la paura. Penso sia il sentimento più diffuso in una caserma al fronte. Gli scoppi che ti fanno sobbalzare nella notte, le continue precauzione che prendi ad ogni passo che fai, il dito sempre puntato sul grilletto, la minaccia che si nasconde in una cinta sotto la tunica di una donna o di un bambino. Sì, la paura. Il mito del soldato orgoglioso di andare a fare la guerra è roba da vecchiacci in panciolle che hanno perso il gusto della vita. Per un ragazzo tutto è meglio di una guerra. Sarà bene ricordare a tutti coloro che si riempiono la bocca "dei nostri ragazzi" che chi sta al fronte non ha nulla di eroico, è un professionista e spesso ha paura. Sa a cosa va incontro e sarebbe molto più contento se si rispettasse il suo lavoro, il suo non essere un eroe, la sua paura.
tremendieventi
mercoledì 2 marzo 2011
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