tremendieventi

martedì 26 febbraio 2013

I-Poll(i)




Ho sbagliato un'altra volta. Ci sono cascato di nuovo. Non sono riuscito a togliermi di dosso l'influenza della speranza sulla circostanza. Di sicuro sono riuscito a prevedere il dato del M5S (mi sa che sui giornali lo scrivono così, io in altri post lo avevo scritto in un altro modo, ma basta che ci s intende) che infatti si assesta poca sopra al 25% alla Camera e al 28,4% al Senato. Quello che ho toppato di brutto è la tenuta del Pdl e la sconfitta netta del PD. Pensavo che stavolta il partito del segretario Bersani riuscisse a prendere una percentuale intorno al 40%, ma siamo lontanissimi. Il PD si colloca appena allo 0,4% in più del Pdl che realizza un inaspettato 29,1%, rischiando addirittura di avere la maggioranza relativa dei senatori. Evitiamo inutili giri di parole: mi sono sbagliato. I dieci punti che davo in più al PD li ha presi tutti il Pdl e di questa cosa nè io, nè nessun altro a parte, a quanto pare, la Ghisleri, ovvero la sondaggista di Berlusconi, se ne era accorto.
L'ultimo ricordo di questa giornata elettorale è per i sondaggisti. Ancora una volta hanno dimostrato di non capire assolutamente niente di previsioni di voto. Dico solo un dato: l'instant poll delle 15.00 pubblicato da sky e effettuato da Tecnè dava (vedi foto) la coalizioni di Bersani intorno al 35%, Berlusconi al 29%, Grillo al 19% e Monti al 9,5%. Praticamente hanno tolto 5 punti al MS5 e li hanno regalati al PD. Non credo si debbano spendere soldi per fare certe figuracce. L'unica persona seria dell'informazione italiana, Enrico Mentana, aveva annunciato che non se ne sarebbe servito e alla fine La7 ha trattato meglio di chiunque altro la diretta post elettorale.



giovedì 21 febbraio 2013

Libèration de Telese



Luca Telese non mi è simpatico. La prima volta che l'ho visto in TV, conduceva un programma su La7 pieno di politici e ci ho messo quasi mezz'ora per capire che fosse un talk show politico non intenzionalmente demenziale. Sembrava voler dare un taglio pop ai suoi programmi, con una certa passione per il retroscena, magari anche imbarazzante, o una scivolatina nel pecoreccio senza mai raggiungere le torte in faccia di Di Pietro e La Russa al Bagaglino. Un Minzolini di sinistra, così, tanto per aspirare prima o poi alla direzione di un TG, tanto se ce l'ha fatta Minzo, può riuscirci chiunque. Col tempo ho scoperto che era un giornalista che si era fatto le ossa a Il Giornale e a Libero non so in che ordine, anche perchè da quelle parti le porte sono comunicanti e girevoli e lo scambio di direttori/giornalisti ricorda la Lazio e il Parma dell'epoca Cragnotti-Tanzi. Ha raggiunto il punto massimo del pop con l'inizio dell'avventura de Il Fatto Quotidiano e la contestuale conduzione del programma di aprofondimento politico del Tg La7 che va in onda dopo l'edizione serale. In queste avventure incontra due personaggi che non hanno nessun aspetto in comune. Uno è Marco Travaglio, col carico di inchieste, libri e antiberlusconismo che lo contraddistingue e chem da vice direttore del Fatto, detta la linea del quotidiano strizzando l'occhio di volta in volta a Grillo, Ingroia, Ciancimino e compagnia cantante. L'altra è l'avvenente ma soprattutto brava, preparata e cazzuta Luisella Costamagna che non solo non si vallettizza, ma tiene testa al suo collega e spesso lo smonta con battute secche. A questo punto, secondo me, Luca inizia a perdere completamente il senso della realtà. Nel giro di pochi mesi manda all'aria l'esperienza del Fatto litigando con Travaglio e fa licenziare la Costamagna. I due hanno in comune una caratteristica che fa imbestialire Telese: sono entrambi più bravi di lui, l'uno a scrivere e l'altra a tenere le redini di un talk show (non si dimentichi che la Costamagna è l'alunna modello di Santoro: bella, brava, antipatica). Ma mentre con La7 può giocare la carta della doppia conduzione sul modello Lerner-Ferrara, facendosi affiancare da Porro, al giornale Padellaro e co. gli danno il benservito e lui, che si crede Enzo Biagi, va via sbattendo la porta col ghigno di chi pensa "non sapete che maestro di giornalismo state mandando via". Telese ci crede davvero che è bravo. Pensa di essere ormai uno dei migliori giornalisti italiani, è pronto per una direzione, ma gli manca un giornale. Veste di buoni propositi la sua ambizione personale e raccoglie un manipolo di eroi (tipo il malcapitato Raimo che lascia ai posteri questa testimonianza) fonda un giornale a metà strada tra Santoro e la Fiom: Pubblico. Si capisce che è un flop due mesi prima che cominci, ma si va in edicola e la prima settimana tiene. Poi crolla. Poi una farsa.
Che Pubblico finisse in una bolla di sapone era ampiamente prevedibile, bastava seguire un po' l'evoluzione professionale di Telese e scoprire che, oltre la spocchia, c'è davvero poco. E poi c'è la ciliegina sulla torta: il logo. Può uscire un giornale italiano nel 2013 con un logo che riprende una prestigiosa testata francese fondata nel 1972? Se fai una cosa del genere è perchè già pensi che sia un'esperienza breve, segnata, di pura testimonianza, quasi fatta per dispetto, per dimostrare ai tuoi colleghi e al tuo ego che sei invincibile. L'impressione è che Telese stia al giornalismo come Veltroni alla politica. Il loro compito è sostanzialmente quello di alibi. La direzione del partito comunista è troppo dura? Ok: vicesegreteria a veltroni. La7 o Il Fatto rischiano di essere troppo anti-sistema? Promozione a Telese che viene dal Pci e passando al Pds e ai Ds si è fuso e confuso tra la dottrina sociale della Chiesa e la socialdemocrazia nord-europea con richiami al sindacalismo anti-CGIL e posizioni di facile populismo. Ecco: questo per me è Telese. Nient'altro che un alibi.


mercoledì 20 febbraio 2013

Edizione Straordinaria



Nel secondo post scriptum del post (perdonate la cacofonia ma interneglish e latino sono lingue parallele che non si incontrano e se si incontrano, come in questo caso, non si salutano) precedente individuavo come determinante nelle elezioni regionali lombarde e, per lo stranissimo meccanismo elettorale del Porcellum, delle politiche la lista Fare di Oscar Giannino. Il fatto è che il povero Oscar è incappato in una brutta marachella che gli è costata una grande figura di palta. Il suo collega di partito nonchè economista Luigi Zingales ha scoperto che, contrariamente a quanto asserito dall'eccentrico giornalista di Radio24, il candidato premier di Fare non ha conseguito nessun master a Chicago e, scava che ti riscava, inoltre Giannino non è nemmeno laureato, non ha nessun titolo accademico, ha il diploma. Cosa rispettabilissima e sufficiente a fare (almeno in Italia) l'economista e l'esperto di economia, ma falsa rispetto al curriculum che vanta e che gira sulla rete. Da qualche mese, in una diatriba con un mio collega assiduo ascoltatore del programma del mattino condotto da Oscar, sostengo che il nostro eroe non capisce assolutamente niente di economia e basta ascoltarlo per rendersi conto che è un autodidatta e nemmeno dei più brillanti. Nonostante questi presupposti, però, mi ero reso conto che una certa fetta di popolazione di professionisti stimati nei campi più disparati (tranne che dell'economia e della finanza) seguiva da diversi mesi Giannino in radio e, dopo essere stata delusa da Berlusconi e dalla mai realizzata rivoluzione liberale (pallino di Oscar e di una buona fetta di borghesia italiana), sembrava voler sposare le tesi dello pseudo-economista. Siccome la Lombardia è per definizione la regione in cui si concentra la gran parte di questo target elettorale ero convinto che la lista Fare potesse dare fastidio in Lombardia a Maroni e a Roma a Berlusconi. Questo scivolone compromette di parecchio le chances del partito. Staremo a vedere.


lunedì 18 febbraio 2013

Election Day




Non so perchè oggi a quest'ora mi è preso un insopprimibile bisogno di lasciare memoria di questa previsione. L'avvicinarsi delle elezioni politiche è un momento sempre di grande interesse e partecipazione per me e quindi non posso fare a meno di azzardare un commento, un'analisi , una previsione. E' da un po' di tempo che ci penso e, onde evitare di fare il previsore del giorno dopo, con l'inutile e insulsa espressione "ve l'avevo detto", con qualche giorno di anticipo sull'apertura delle urne voglio dire come la penso: i giornali e i media in generale non ci stanno capendo niente. Sono mesi che si inseguono sulla scia Bersani-Berlusconi-Monti (l'ordine è dovuto alle intenzioni di voto degli ultimi sondaggi), delle probabili alleanze post-elettorali, della strana convivenza Monti-Vendola, della probabile scomparsa di dinosauri politici della portata di Fini e Casini. All'apparenza sembrano tutte analisi molto dotte e raffinate. Aggiungo che negli ultimi giorni, in seguito alle dimissioni del Papa, gran parte delle prime pagine sono state riempite da analisi, giudizi e retroscena dei vatinasti più accreditati, ma anche di quelli molto molto improbabili. I giornali sembrano quindi portare lentamente in porto anche questa tornata elettorale. Ho l'impressione perciò che dai sondaggisti agli opinionisti, dai maggiori blogger fino a Dagospia (ormai l'unico media veramente informato in tempo reale su tutta la politica italiana), nessuno abbia colto il vero fenomeno di queste elezioni: il movimeto cinque stelle. Attenzione, non Beppe Grillo che, anche nelle sue intenzioni, fa solo da cassa di risonanza,  mi riferisco proprio ai singoli candidati. A favore del Movimento ci sono innanzitutto dei dati di fatto incontestabili: i risultati elettorali delle ultime elezioni regionali siciliane. Nessuno, è inutile che oggi sostengano il contrario, ripeto nessuno è stato in grado di prevedere che il MOV5 (uso questa sigla, non so se è giusta ma la uso lo stesso) risultasse il primo partito in regione con una percentuale di poco al di sotto del 20%. Il successo in Sicilia segue quelli clamorosi di Pizzarotti a Parma e dei vari consiglieri che il Movimento è riuscito ad eleggere nei consigli comunali, provinciali o regionali. Accanto ai dati di fatto, però, ci sono delle sensazioni a naso che non si possono ignorare. Ripeto che si tratta di sole sensazioni e non esistono di fatto dei dati a supporto d queste tesi. Gli utlimi giorni sono caratterizzati da un susseguirsi di lanci di agenzia, presenze nei tg, rincorsa a qualsiasi tipo di dibattito, dal barbiere alla televisione, da parte di tutti i candidati di tutti gli schieramenti da Storace fino ai rivoluzionari civili di Ingroia e i reduci del comunismo. L'impressione è che stavolta, per la prima volta forse in Italia, ci si trovi di fronte a una politica finalmente bipolare, nettamente schierata. Da un lato, infatti, ci sono i vecchi (non solo anagraficamente) schieramenti di un tempo che sembrano fondersi e confondersi col solo obiettivo di autoconservarsi e perpetrarsi all'infinito, e dall'altra parte ci sia Grillo. Da un lato c'è il politicante un po' attempato che la mattina indossa l'abito scuro e e la cravatta buona per un convegno della Confesercenti o di Federfarma, il pomeriggio indossa un comodo maglione di lana e smette la cravatta perchè bisogna andare nella zona industriale di un paese della bassa bresciana e la sera si toglie persino la cravatta per accogliere schiere di giovani all'ennesimo aperitivo organizzato nel locale trendy del centro di Milano o Roma o Palermo. Dall'altro ci sono questi ragazzi che se non altro hanno la faccia pulita e si avvicinano anche esteticamente al 90% delle persone che vogliono rappresentare. Spesso si tratta di bravi professionisti, apprezzati nel loro lavoro quotidiano, che da qualche anno mettono in comune le loro conoscenze e portano avanti battaglie contro la TAV, per i referendum sull'acqua e tutta una serie di piccoli "dossier" locali che, anche se non hanno portata mediatica nazionale, significano tanto per chi vive in quelle zone e fidelizzano il rapporto tra elettorato attivo e passivo. Un'ultima riflessione vorrei farla su un sondaggio di qualche giorno fa che dà il Movimento come primo partito tra i giovani maggiorenni under 23, con il PD staccato di parecchio e il Pdl a percentuali da prefisso telefonico. Questo per me significa almeno due cose: 1) il botto è imminente. Il MOV5 se non esplode tra una settimana è comunque destinato a lasciare un'impronta indelebile nello stile della politica italiana; 2) la pressione generazionale. Bussa alle porte dei politici di tutti gli schieramenti un esercito di giovani disoccupati che, cosa che ha pochi ed epocali precedenti nella storia dell'umanità, non solo non è in grado di migliorare le proprie condizioni di benessere rispetto alla generazione precedente, ma nemmeno di guadagnare quanto i propri padri. Con una piccola aggravante, però, questà sì unica nella storia: i loro padri gli hanno lasciato anche un conto salato da pagare in termini di interessi e di debito. Ho come l'impressione che tanti genitori potrebbero accusare in maniera viva questo senso di colpa e stavolta votare, forse per la prima volta, come farebbero i loro figli.
P.S. Io non voto il movimento cinque stelle e chi mi conosce sa che voto per un partito tradizionale.
PP.SS. C'è un altro soggetto politico che, secondo me, alla fine risulterà determinante: Oscar Giannino e il movimento FARE. Ho l'impressione, anche in questo caso a naso e senza dati (cartomanzia pura), che in Lombardia sarà determinante sia per le elezioni regionali che per il Senato e la lenta sconfitta del Pdl comincerà proprio da lì.